La casa della parigina è in
centro, al terzo piano di un palazzo senza ascensore, con scale a chiocciola
scricchiolanti e pianerottoli su cui si aprono porte verdi, lucide, di legno.
La casa della parigina è piccola.
Le pareti sono bianche, le finestre non hanno tende e guardano nelle case degli
altri senza vergogna. Il pavimento è di legno, scuro, ruvido, liso e
traballante. La cucina è piccina, a stento ti ci muovi, ma la parigina
raramente mangia in casa, preferisce pranzare nel vicino bistrot.
Il bagno, nella casa della
parigina, è diviso in due locali minuscoli: da una parte ci sono doccia, micro
lavandino e, sul muro, deliziose piastrelline bianche e verdi; dall’altra c’è
il gabinetto, solo il gabinetto, che si erge solitario e centrale come un’opera
di Duchamp.
La parigina arreda la sua casa
con apparente semplicità. Pochi pezzi, scelti con cura: un divano grigio che
all’occorrenza diventa letto; un tavolino con le ruote che all’occorrenza sposti
e alzi per mangiarci intorno con gli amici pittori; un paio di poltroncine di
design; lampade a stelo sparse dappertutto e, in camera, un letto matrimoniale
ultra basic e ultra basso. In soggiorno un piccolo caminetto, rigorosamente
smaltato di bianco, dona all’insieme un’aria squisitamente bohemien.
La parigina non segue gli
schemi e non la preoccupa non avere un armadio: i (pochi) vestiti li appoggia
su un sistema di mensole d’acciaio nascosto dietro un tessuto colorato scovato
chissà dove. La parigina ama gli specchi, e non ama i tappeti.
La parigina usa tazze,
bicchieri e piatti spaiati, belli e ricercati. Li ha comprati un po’ per volta,
scegliendoli con cura uno a uno nei mercatini della sua città. Le posate sono piccole,
semplici e raffinate.
Le lenzuola e gli asciugamani,
nella casa della parigina, hanno un buon odore e un aspetto piacevolmente
stropicciato (la parigina non stira).
La casa della parigina non è
una casa comoda, non è lussuosa e nemmeno elegante.
Nella casa della parigina
potrei vivere una vita intera.