martedì 26 agosto 2014

“Non, je ne suis jamais seul. Avec ma solitude.”

Avevo perso l’orientamento e, con la coda tra le gambe, avevo ceduto la mappa del Pére Lachaise ai due uomini che stavano con me.
Cercavamo la tomba di Modigliani. Poi, prima di uscire dal cimitero e raggiungere la macchina parcheggiata nelle vicinanze, saremmo passati a salutare anche Apollinaire. Intanto camminavamo sui vialetti di ghiaia, tra le tombe.
Improvvisamente e come dal nulla comparve un signore anziano. Aveva una faccia gentile e un gran nasone. Si avvicinò a mio marito e gli indicò una tomba lì vicino, una tomba che non aveva attirato la nostra attenzione. “Fermatevi, fermatevi un attimo. Questa è la tomba di George Moustaki. Siete italiani vero? Lo capisco dal vostro accento”, disse. Ci fermammo. Mi fermai. Il tempo si fermò. Moustaki. Il cantante della mia infanzia. Il cantante che ascoltavamo nelle lunghe estati greche, a Capo Sounion. Il cantante che molti anni dopo ho riascoltato sulla terrazza della bella casa al mare di mio padre, in Turchia. E io che non sapevo nemmeno fosse morto Moustaki… Raccolsi un sassolino e lo appoggiai sulla lucida lastra di marmo invasa dai fiori. Poi i miei bambini mi abbracciarono.


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