lunedì 30 giugno 2014

Ladri di mutande

S, spaparanzata sul lettone abbracciata al suo papà, riflette ad alta voce sul tragicomico episodio di cronaca che ha recentemente coinvolto il “bel Renè”, Renato Vallanzasca.
“Ha rubato un paio di mutande in un supermercato? E allora!? Che sarà mai!? Se fossi il giudice, un’ora di prigione e a posto così!”. 
Femmina diabolica. 
E garantista.




domenica 29 giugno 2014

Madre Natura, i Puffi e il sillogismo

Dopo il temporale quattro bambini con la pancia piena e i piedi a mollo in piscina parlano di Dio.
“Io ci credo in Dio”, afferma C, apparentemente senza un perché.
“Anch’io. E siamo tutti suoi figli”, continua L, la più piccola del quartetto.
“Ci credo anch’io in Dio, ma non siamo suoi figli, siamo figli di Maria. Non credo però in Adamo ed Eva. È una leggenda: prima ci sono stati i dinosauri, poi l’australopiteco e bla bla bla. Non è credibile che tac di colpo siano stati creati Adamo ed Eva. Invece credo in Gesù”, sentenzia S, femmina diabolica.
“Anch’io credo in Gesù, ma in Gesù uomo, non in Gesù figlio di Dio. E non credo che sia stato Dio a creare tutto”, prosegue F, il bambino che a dieci anni ha già deciso di essere ateo.
“Allora da dove nasce tutto?”, domanda esterrefatta L.
“Da Madre Natura”, risponde serio F.
“Ma daaiii, smettila. Ma mi stai prendendo in giro? Come fai a credere a Madre Natura? Se esiste Madre Natura allora esistono anche i Puffi!”, esclama spaccona L, e poi inizia a cantare: I Puffi sanno che un tesoro c'èèèèèèèèèèè nel fiore accanto a teeeeee, Madre Natura pensa sempre a noi e i Puffi sono tutti amici suoi”.




sabato 28 giugno 2014

La serenità della vita degli altri

La serenità della vita degli altri mi incuriosisce.
La serenità della vita degli altri mi intenerisce.
La serenità della vita degli altri mi insospettisce.
La serenità della vita degli altri mi indispettisce.



domenica 22 giugno 2014

In vacanza

In vacanza si sta bene.
Si mangia.
Si dorme.
Si legge.
Si fanno i bagni in piscina.
Si prende il sole.
Si guardano gli animali della fattoria.
Si raccolgono i fiori.
Si va a cavallo.
Si fanno le passeggiate.
Si gioca coi bambini.
In vacanza si sta proprio bene.


sabato 21 giugno 2014

Sdoppiamento

Ultimamente le capita di osservare se stessa “dal di fuori”, come se si sdoppiasse.
Quando lo fa, non sempre si piace.
Vede se stessa comportarsi come non vorrebbe o come non dovrebbe.
Sente se stessa dire ciò che non vorrebbe o ciò che non dovrebbe.
Come è dentro e ciò che ha dentro rimane dentro. 
Chiuso dentro.
Lei sa che non è timidezza.


giovedì 19 giugno 2014

Sister

L’altra sera ho visto un film triste e duro, a volte persino fastidioso, ma bello e che non mi ha fatto piangere. Per fortuna.
Si tratta di “Sister – Mia sorella”, di Ursula Meier con Léa Seydoux (ancora una volta Léa Seydoux, evidentemente l’attrice che negli ultimi tempi più spesso mi capita di incontrare sul piccolo e grande schermo).


Il film (che per la cronaca ha ottenuto una menzione speciale per l’Orso d’argento al Festival di Berlino nel 2012) racconta la storia di Simon, un bambino di circa dodici anni, che vive in una località di montagna dove la gente va a sciare. Lui, anche se non sa sciare, passa le giornate sui campi da sci (tra)vestito da sciatore, con scarponi, zaino, sci in spalla, passamontagna e casco. 
Simon è un ladro, e pure abile, specializzato nel rubare attrezzatura da sci di ogni genere. Ruba più che può e a fine giornata prende la funivia, scende a valle (nel film c’è un continuo e claustrofobico sali e scendi dalla valle, squallida, asfaltata e senza neve, alla montagna, alta e innevata) carica il bottino sul suo bob di plastica, torna a casa, sistema le lamine degli sci rubati come farebbe un bravo artigiano e rivende la merce a chi capita, a volte anche per strada. Così si guadagna da vivere. Non va a scuola, non ha genitori, è quasi sempre solo. Vive in un anonimo appartamento in un anonimo condominio con una ragazza, Louise (Léa Seydoux), poco più grande di lui, triste e pensierosa, che non si capisce bene che mestiere faccia e che torna a casa spesso accompagnata da brutti ceffi. Dicono di essere fratello e sorella, ma sono strani. Il loro rapporto è strano.
Più o meno a metà film capisci che cosa non va, ne rimani sconvolta e ti guardi la seconda parte del film sgomenta, soprattutto se sei madre.
Difficile decidere quale sia il momento più duro del film. Forse quando Simon paga sua sorella per dormire abbracciato a lei. Oppure quando lei gli dice di non averlo voluto, e che è una palla al piede. Oppure quando Simon sulle piste adocchia una bella signora gentile, mamma affettuosa di due bambini, e la abbraccia e cerca la sua amicizia e vede in lei la mamma ideale che non ha mai avuto e mai avrà. Oppure quando finisce la stagione sciistica e Simon non sa più come procurarsi denaro e trascorre una notte, solo e in lacrime, sulle piste, dove la neve si sta sciogliendo, ed è disperato e poi alla mattina decide di scendere, prende la funivia, incrocia l’altra funivia che sta salendo e vede Louise che lo chiama battendo forte le mani sul finestrino, sconvolta.
Che ansia, che dramma, che melodramma… alla comparsa dei titoli di coda prima riprendi fiato, poi vai a controllare i tuoi figli che stanno dormendo tranquilli nella loro cameretta colorata, nei loro letti puliti col pigiamino pulito. E ti accorgi che non ti senti meglio.

mercoledì 18 giugno 2014

Le case degli altri bis

Mi piace di notte guardare le finestre illuminate delle case degli altri. Mi piace guardare i muri spogli che si intravedono dalla strada, i quadri appesi alle pareti, le librerie che arrivano al soffitto, i lampadari, le lampade a stelo, i vasi con le piante sui davanzali. Mi piace immaginare la vita che si vive lì dentro. Mi piace immaginare le persone che ci abitano, che tipo di giornata hanno trascorso, se sono stanche, se sono felici, se sono sole o se hanno una famiglia. Mi piace immaginare cosa stiano facendo nel preciso istante in cui “spio” da lontano le loro finestre; se ascoltano musica; se si preparano per uscire o per andare a dormire; se stanno facendo “all’amore”. E se intravedo il bagliore azzurrognolo di un televisore acceso, spero stiano guardando un bel film. Più spesso, però, mi sento triste e presuntuosa allo stesso tempo perché penso che lì dentro qualcuno non sta leggendo, ma si sta rincoglionendo.


martedì 17 giugno 2014

Orticaria

Le persone che invece di fare attenzione badano a scusarsi mi fanno venire l’orticaria.


lunedì 16 giugno 2014

Ho scelto bene il mio difetto?

"- Non so dimenticare le follie e i vizi degli altri così presto come dovrei, né le loro offese. I miei sentimenti non cambiano facilmente. Il mio carattere dovrebbe forse essere definito risentito. La mia stima, una volta persa, è persa per sempre.
- Questo è proprio un difetto, - esclamò Elizabeth. - Il rancore inflessibile è una macchia in una persona. Ma hai scelto bene il tuo difetto. Non posso davvero riderne. Sei al sicuro da me.
- Credo ci sia in ogni persona la tendenza a qualche male particolare, un difetto naturale che neppure la migliore educazione può superare.
- E il tuo difetto è che odi tutti. -"
(Jane Austen, "Orgoglio e pregiudizio")


sabato 14 giugno 2014

Ancora afa

Ore 22.30.
Il termometro in cucina segna trenta gradi sopra lo zero.
Lei decide di andare a dormire.
“Buonanotte!”
“Buonanotte.”
Entra in camera, osserva il letto e ha un lampo di genio: occupare la parte di letto vicino alla finestra.
Si sdraia veloce.
Sente un filo d’aria entrare dalla finestra.
Se lo gode.
Ferma, immobile. Come una pietra.
Poi arriva lui.
Accidenti.
Vuole il suo posto.
Lei lo sa che sta in quella parte di letto che da dieci anni è sua.
Ma rimane ferma, immobile. Come una pietra.
“Isa, isa…”, lui la chiama piano, ma non troppo, “isa, isa…”
Ma lei sta ferma, immobile. Come una pietra.
Sembra morta.
Fa caldo. Molto caldo.
Lui non insiste, si sdraia.
Lei ride sotto i baffi.
Ferma, immobile, morta.
Il filo d’aria che entra dalla finestra è suo.
Solo suo.
Per tutta la notte.


venerdì 13 giugno 2014

Scrivere, correre, cucinare

“Passava la giornata a scrivere (o tentar di scrivere), a correre e a cucinare. Si alzava molto presto e preparava la colazione per tutta la famiglia; nessuno tornava a casa per pranzo, e Garp non consumava mai questo pasto; poi ogni sera era lui a preparare la cena. Era un rituale che amava, ma le sue ambizioni culinarie variavano a seconda di come era andata la giornata, per quanto riguardava lo scrivere e il correre. Se come scrittore era insoddisfatto, smaltiva l’insoddisfazione con una lunga, dura corsa; oppure, una cattiva giornata alla scrivania lo esauriva al punto che non era capace di correre più di un miglio sì e no; allora cercava di rimediare con una cenetta squisita.” (John Irving, “Il mondo secondo Garp”)


giovedì 12 giugno 2014

Un marito vale una scimmia?

“Quando sarò grande andrò a vivere in Cornovaglia o in Irlanda. Mi piacciono questi posti perché hanno un non so che di selvaggio. Mi porterò: televisore, cellulare per chiamare la mamma e il papà, il mio cane, la Wii e una scimmia.”
“Una scimmia? Perché una scimmia?”
“Sì, mi porterò una scimmia e la addestrerò a giocare con la Wii così, se non troverò marito, potrò sempre giocare con lei."


lunedì 9 giugno 2014

Il bello della vita secondo me (12)

Tenere tra le braccia un bimbo che appena mi conosce.
Leggergli a bassa voce un libricino.
Rendermi conto che si sta addormentando.
Piano piano.
Serenamente.
Il bello della vita secondo me.

venerdì 6 giugno 2014

Genesi di un romanzo

“Mamma, oggi la maestra ci ha detto che compiti di italiano fare durante le vacanze per arrivare pronti all’inizio della prima media. Ci ha consigliato di esercitarci bene con la grammatica, di leggere e poi fare qualche riassunto. Ci ha detto di leggere i testi che non abbiamo letto durante l’anno sul libro “Laboratorio di scrittura”. Ma io non penso che li farò questi compiti. Perché io quest’estate voglio scrivere un libro. S’intitolerà “Il misterioso caso delle anatre assassinate”, e lo scriverò in prima persona.”


(to be continued)

mercoledì 4 giugno 2014

Lavorare (non) stanca

“Non c’era quasi nessun lavoro al mondo che attirasse Garp, né lui era qualificato per alcuno. Le sue qualifiche erano molto scarse. Sapeva scrivere, questo sì (…). Se pensava di trovarsi un lavoro era perché avvertiva il bisogno di conoscere altra gente; voleva superare la sua sfiducia nel prossimo. Un lavoro l’avrebbe se non altro costretto a entrare in contatto con qualcuno. Se non era obbligato a veder gente, lui preferiva star in casa.
Era a causa del suo scrivere, che non aveva mai preso un impiego in seria considerazione. Ora invece, per il suo scrivere, sentiva il bisogno di lavorare fuori. Non riesco più neppure a immaginare l’altra gente, si diceva. Ho esaurito la provvista. In realtà, tale provvista era stata sempre scarsa; e ormai da anni non scriveva più niente che gli piacesse. Da troppi anni.” (John Irving, “Il mondo secondo Garp”)


martedì 3 giugno 2014

Solo gli amanti sopravvivono

Ho visto un bel film. Romantico ed elegante.
“Solo gli amanti sopravvivono” di Jim Jarmusch, con Tilda Swinton nel ruolo di Eve e Tom Hiddleston in quello di Adam.


Eve e Adam sono due vampiri, e si amano. Ma vivono lontani: lei sta a Tangeri, lui a Detroit. 
Eve ogni notte cammina fluida, lunare e con gli occhiali da sole, per i vicoli di Tangeri. Raggiunge un bar e si incontra con Marlowe (John Hurt), un vecchio amico anche lui vampiro. Parlano a lungo e poi l’amico la rifornisce di sangue “buono”. All’alba Eve torna a casa. La sua è una bella casa esotica, piena di tappeti e stoffe pregiate, di libri antichi e moderni, di libri illustrati, di libri scritti in tutte le lingue del mondo. Eve ama leggere e legge velocissima, sfiorando appena con le dita le pagine. Concentrata e contenta, trascorre il tempo riempiendosi la testa e il cuore di parole e di immagini.
Intanto Adam vive nella squallida, desolante e desolata periferia di Detroit circondato dagli strumenti musicali vintage che colleziona. È inquieto, tormentato, supersensibile. L’unico contatto che ha con il mondo esterno è il ragazzo che gli procura gli strumenti e che è attratto da lui, dal suo fascino torbido e soprattutto dalla splendida musica che compone. Adam, infatti, suona, ma sempre da solo e sempre di notte, nascondendosi dallo sparuto gruppo di fan che lo ascolta dalla strada.
Per procurarsi sangue “buono” Adam si traveste da improbabile dottore con gli occhiali da sole, entra nel solito ospedale e si presenta al solito tecnico di laboratorio che, dopo il solito spavento, lo rifornisce in cambio di banconote. Eve e Adam sono, infatti, vampiri che non uccidono umani per nutrirsi.
Eve e Adam si amano da sempre e si ameranno per sempre. Sono vivi da centinaia di anni, e si sono sposati tre volte. Sono belli, misteriosi, decadenti; sono colti, profondi, gentili. Hanno conosciuto e frequentato personaggi famose, vampiri e non. Adam è stato amico di Shelley, il poeta romantico. Ma Adam e Eve adesso si annoiano perché il mondo attuale li annoia, il mondo attuale non fa per loro, e gli umani sono zombie, morti viventi che non hanno più nulla da dire, più nulla da fare, più nulla da rispettare.  
Adam è in crisi esistenziale da sempre, ma oggi più di ieri, e pensa di farla finita. Lei intuisce per telefono che qualcosa non va e prende veloce un aereo, viaggia di notte e lo raggiunge.
A Detroit si incontrano e si amano. Stanno bene insieme, anche in silenzio. Dormono di giorno, mentre di notte fanno l’amore e poi girano in macchina per le strade deserte e affascinanti della città. Sono eleganti, raffinati, romantici, alti e magri. Bevono sangue in deliziosi bicchierini di cristallo che assomigliano a quelli da liquore che ho ereditato da mia nonna. Oppure si preparano dei rinfrescanti ghiaccioli al sapore di sangue. E il sangue fa loro l’effetto della droga pesante: bevono, fanno vedere i canini aguzzi, chiudono gli occhi e partono per il loro viaggio.
Ad un certo punto, però, arriva Ava, la sorella minore di Eve, e succede che… Allora Adam ed Eve sistemano le cose, ma sono costretti ad andarsene da Detroit il più velocemente possibile e, quindi, tornano a Tangeri. Qui scoprono che Marlowe sta morendo perché si è nutrito di sangue infetto, quindi… Poi in un locale sentono cantare una sensuale e misteriosa ragazza marocchina… Ma non ce la fanno più, sono sempre più deboli e per sopravvivere devono… Insomma, solo chi ama resta vivo.

“Solo gli amanti sopravvivono” è un film da vedere, e non solo per colmare le parti che non ho raccontato in questo post... È da vedere perché la musica è stupenda; perché Eve è bella e algida e vorrei esserle amica; perché Tilda Swinton è una cinquantenne e non si direbbe; perché Adam è uno di quelli che ti potrebbe mettere incinta solo con lo sguardo; perché la trama è lieve e originale, nonostante il tema dei vampiri che - ammettiamolo - rischia di mandarci in overdose. Il mio voto? Un dieci secco.

lunedì 2 giugno 2014

Fiori e miniature

Un caldo pomeriggio d’estate, al mare in Turchia, un amico di mio padre che di mestiere fa il pittore mi fece vedere i suoi ultimi lavori. Tutti, o quasi, avevano come soggetto fiori. L’amico di mio padre mi disse: “Non dirlo a nessuno: quando sono a corto di idee, dipingo fiori. Quando il pittore è a corto di idee, dipinge fiori. Però non si dice. Non si dice che se si dipingono fiori si è a corto di idee”. Bevevamo raki, mangiavamo ceci salati ed eravamo ubriachi. Ricordo mio padre che guardava allegro la prosperosa e giovane assistente del Maestro. Io intanto pensavo alle peonie, agli asparagi, ai limoni di Manet, ai vasi di fiori di Morandi, ai fiori colorati di Warhol. La testa leggera, tra le nuvole.
Dopo qualche anno io e il pittore ci siamo rincontrati in occasione dello strano funerale di mio padre. Eravamo a Istanbul, in un ristorante. Gli chiesi cosa stesse dipingendo, lui mi rispose che gli interessavano le miniature medioevali e che stava iniziando a dipingere figure piatte, a due dimensioni. Lo affascinava il pensiero di dipingere rifiutando consapevolmente la terza dimensione. Ricordo che gli dissi che la sua idea non mi piaceva, che mi sembrava da integralista religioso. Gli dissi che nella storia dell'arte la raffigurazione della terza dimensione è stata una conquista dell’uomo che finalmente conosce se stesso e può far a meno di Dio. Ero arrabbiata. Mio padre era in un cimitero, sottoterra, in una bara di legno e gli avevano pure fatto il funerale religioso. Ricordo che il pittore rimase perplesso e che parlò poco. Non ci siamo mai più rivisti.