martedì 29 settembre 2015

Everest

Qualche anno fa, tornando da una vacanza sulle Dolomiti, mi fermai a Bolzano per visitare il museo della montagna di Reinhold Messner a Castel Firmiano.
Fu un’esperienza indimenticabile, emozionante e illuminante allo stesso tempo. Mi basta ripensarci anche solo per un attimo che subito mi tornano nelle orecchie le parole della canzone di Bob Dylan “… the answer my friend is blowin' in the wind …” che continuavano a risuonare lungo tutto il percorso della visita e che non capivo bene da dove provenissero. Quando mi ritrovai da sola in una stanzina del museo tappezzata di fotografie di alpinisti più o meno famosi e con al centro, chiuso in una scatola trasparente, lo scarpone di Günther (il fratello che Reinhold Messner drammaticamente perse mentre insieme scendevano dal Nanga Parbat dopo averne conquistato la cima) capii che quella musica si diffondeva dagli amplificatori collocati sulle pareti di questo ambiente per tutto il museo, e fu molto commovente. 
Alla fine di quella visita me ne tornai a casa col desiderio di saperne di più di montagna e di alpinismo. Così iniziai a guardare video, documentari, film di montagna, a cercare informazioni in internet, a iscrivermi alle newsletter di siti internet specializzati, ad andare a festival di alpinismo, a visitare gli altri musei di Messner, a camminare in montagna con maggior consapevolezza ed entusiasmo, a guardare le Grigne e il Resegone con occhi diversi, a capire perché mio nonno volle farsi seppellire di fronte al Pizzo Badile in Svizzera. Iniziai anche a comprare libri e riviste. Finché un giorno, gironzolando in biblioteca, trovai per caso "Aria Sottile" di Jon Krakauer. Attratta dal titolo e dalla drammatica fotografia in copertina, decisi di portarmelo a casa.


A quei tempi ero davvero infervorata. Lessi la prima pagina di “Aria Sottile” e poi non riuscii più a smettere, così lo posai sul comodino solo dopo averlo terminato.
Il libro racconta la vicenda accaduta sull'Everest nel 1996, quando i membri di due spedizioni commerciali (cioè spedizioni composte non da alpinisti professionisti, ma da appassionati di montagna ambiziosi, vanitosi e danarosi che pagano fior di quattrini perché guide esperte organizzino nei minimi dettagli la scalata e li portino in cima costi quel che costi) per una serie di motivi che non sto a elencare si trovarono contemporaneamente al campo base dell’Everest, arrivarono quasi tutti in cima alla montagna ma poi in troppi non riuscirono a scendere.
A quei tempi per me leggere “Aria Sottile” fu un po’ come salire sull'Everest: leggevo e respiravo aria sottile, leggevo e tossivo, leggevo e faticavo, leggevo e avevo freddo, leggevo e avevo paura, leggevo ed ero coraggiosa, leggevo e morivo, leggevo e bevevo tè caldo, leggevo e avevo il fiatone, leggevo e sentivo urlare il vento. Alla fine mi ritrovai a conoscere l’esatta posizione di ogni singolo campo sulla montagna e di ogni singolo passaggio dell’ascensione alla cima.
Krakauer è un giornalista capace (per la cronaca, ha scritto anche “Into the Wild”, libro da cui poi Sean Penn ha tratto l’omonimo e bellissimo film) e ha raccontato efficacemente la sua versione di quanto accadde quei giorni di maggio sull'Everest (Krakauer, esperto alpinista, faceva parte di una delle due spedizioni commerciali perché gli avevano commissionato un pezzo che raccontasse la moda di quel tipo di turismo sulla montagna più alta del mondo ).
Adesso, dopo aver aperto la 72 Mostra del Cinema di Venezia, è finalmente uscito nei cinema italiani il film “Everest” che racconta questa stessa storia. Ovviamente ci sono andata di corsa. Per problemi di orario non l’ho potuto vedere in 3D, ma non è stato grave perché purtroppo il film è stato una delusione. L’ho guardato con molta attenzione e con il forte desiderio che mi piacesse, che mi emozionasse e che mi facesse rivivere le stesse sensazioni che vivevo nel periodo “infervorato” ogni volta che si presentava l’occasione di pensare alla montagna. Invece no, il film non è riuscito. La trama è semplificata. Le immagine che speravo spettacolari, non sono poi così entusiasmanti. Il dramma non emerge mai davvero. I personaggi non sono ben delineati, tutta la vicenda (o quasi tutta) ruota intorno alle figure di Rob Hall (la guida neozelandese che diede avvio al periodo delle folli spedizioni commerciali in Himalaya), di Beck Wheaters (il cliente americano) e delle loro mogli che aspettano casa, ed è un peccato perché la tragedia del 1996 fu una tragedia umana corale, una tragedia con diversi protagonisti (le due guide Rob Hall e Scott Fischer certamente, ma anche tutti i clienti, gli sherpa, gli alpinisti, gli assistenti…) che nel film trovano uno spazio minimo.
Infine c’è da dire che chi non ne sa niente di alpinismo esce dalla sala continuando a non saperne niente, ed è un peccato, un’occasione mancata.
Jake Gyllenhaal è sicuramente un figo, che faccia il cowboy gay in “I segreti di Brokeback Mountain”, il boxeur con la faccia pesta in “Southpaw”, o che interpreti la parte di Scott Fischer, l’alpinista hippy e disincantato in “Everest”, ma non basta, accidenti.



  

lunedì 28 settembre 2015

The end (19)

Il giorno in cui non comprerò più gli gnocchi al supermercato ma li farò col grembiule sul tavolo infarinato in cucina sarà la fine.


domenica 27 settembre 2015

Voci della verità? (11)

Tardo pomeriggio, alla fine di una lezione di tennis in cui F ha giocato bene solo col suo maestro mentre S, a bordo campo, lo guardava attenta attenta.
“Mamma, F ha detto che vuole diventare forte come Pier, il miglior allievo di Ricky. Io, invece, voglio diventare forte come Rafa Nadal”, mi spiffera in un orecchio S.
“Brava, mi piace la tua grinta. Mi raccomando cerca di incanalarla bene.”
“Certo, mamma, tutta nel rovescio!”
Femmina diabolica.


giovedì 24 settembre 2015

Vorrei vivere in punta di piedi

Vorrei vivere in punta di piedi, senza fare rumore, nemmeno per respirare.
Vorrei vivere leggera, solo bagaglio a mano.
Vorrei vivere senza parlare, senza aver bisogno di parlare.
Vorrei vivere e ascoltare.
Vorrei vivere e osservare.
Vorrei vivere col fiato sospeso.
Vorrei vivere senza giudicare.
Vorrei vivere senza arrabbiarmi.
Vorrei vivere in pace.
Vorrei vivere sola.
Vorrei vivere sola tra la gente.


mercoledì 23 settembre 2015

23 settembre

Cielo grigio
Nuvole nere
Vento
Foglie che cadono
Rami in mezzo alla strada
Pioggia fredda
Pozzanghere
Biancheria stesa in casa
Minestra che bolle
Luci accese tutto il giorno
Ombrelli
Scarpe bagnate
Traffico in tilt
Mal di gola
Voglia di far niente
È autunno

(marimekko wallpaper)

lunedì 21 settembre 2015

Un po’

E alla fine arrivò il momento della tesi. Cercò l’argomento, pensò di averlo trovato, si preparò e lo propose entusiasta alla Professoressa. Non andò bene. “Arte bizantina? Signorina, lei è matta. No no, troppo lontano, cerchi qualcosa di locale, per favore, anche se suo padre vive a Istanbul, troppo lontano, rimanga in Lombardia per l’amor di dio!”.
Tornò a casa delusa, con la coda ferma tra le gambe. Dopo qualche giorno si guardò intorno e le sembrò di aver trovato qualcosa. Un palazzotto del Settecento, in Brianza, vicinissimo a casa, con la facciata incompiuta e sgarrupata e stanze affrescate tutte mediocremente tranne una, la Sala di Bacco. Tornò dalla Professoressa con le fotografie nello zaino e andò meglio. “Okay, signorina, ci siamo. Insomma questi affreschi non si possono guardare, ma questi sì, sono davvero interessanti. Inizi a lavorarci, ci rivediamo tra un mese.”
Un mese, due mesi, un anno, un anno e mezzo. Fu un lavoro lungo. Ricerche d’archivio, analisi di documenti, studio delle immagini, confronti. Ci mise del tempo e tanta fatica. Troppa, probabilmente. Ma alla fine ce la fece. Riuscì ad attribuire a Carlo Donelli detto il Vimercati gli affreschi della stanza più bella e nell’Istituto di Storia dell’Arte di Milano ci fu un piccolo caso. Certo, spesso avrebbe voluto mollare, buttare tutto e dimenticarsi di essersi mai iscritta all’Università, ma un bel giorno il lavoraccio terminò, e così andò a discuterlo.
Prese 109 su 110. “Che strano voto”, pensò sottovoce. O 110 o 108, cosa vuol dire 109? Poi tornò a casa poco convinta e poco contenta. Allora le capitava spesso di essere poco convinta e poco contenta.
Ci ripensò spesso a quello strano voto e dopo qualche anno, quando iniziò a scrivere per lavoro, capì. Nella sua tesi di laurea in Lettere aveva scritto “un po’” con l’accento invece che con l’apostrofo. Per trecento pagine.



venerdì 18 settembre 2015

C’è chi…

C’è chi fa sì sì con la testa perché vuole far sapere al mondo che sa la lezione.



mercoledì 16 settembre 2015

Me lo domando spesso anch’io

“Cosa si proverà a vivere in un paese diverso da quello dove si è nati e cresciuti? Col tempo ci si assimila a quel posto, diventandone il protagonista, oppure in qualche parte di sé si continua a sperare di ritornare in patria un giorno?” (Banana Yoshimoto, “N.P.”)
Ultimamente me lo domando spesso anch’io.


martedì 15 settembre 2015

Zitta e tranquilla

La signorina Emme osservava le persone perché aveva capito che osservando le persone imparava ad amare di più sé stessa e gli altri. Le osservava da lontano. Rimanendo a debita distanza, nessuno si accorgeva di lei e così poteva stare zitta. Zitta e tranquilla.


lunedì 14 settembre 2015

...Harry!

“Lo scovarono allo Schrøder Restaurant in Waldemar Thranes gate (…). Sedeva da solo, la schiena dritta, con indosso il caban, come se fosse sul punto di andarsene. Come se la media che aveva sul tavolo davanti a sé non fosse qualcosa che si stava godendo, ma un’incombenza da sbrigare.” (Jo Nesbø, “Scarafaggi”)




sabato 12 settembre 2015

Il bello della vita secondo me (41)

Roberta Vinci e Flavia Pennetta in finale agli US Open.
Il bello della vita secondo me.




venerdì 11 settembre 2015

11 settembre

L’11 settembre di quattordici anni fa me lo ricordo bene. Lavoravo in un’agenzia di viaggi in centro, a Milano. Tutto andava come al solito. Telefonate, clienti, preventivi da preparare, cataloghi da sistemare, voli aerei da prenotare, casalinghe ricche e annoiate che già pensavano alle Maldive a Capodanno. Insomma, la solita noiosissima routine.
Poi la città si fermò. Improvvisamente. Era pomeriggio.
Su Milano calò il silenzio. Il silenzio di chi trattiene il fiato, di chi sta col fiato sospeso, di chi non respira più. Apnea. Un silenzio irreale che durò diversi minuti. Me lo ricordo bene.
Il traffico, di solito in quella zona caotico, era svanito. Non passavano né macchine né autobus in strada, il pavimento non tremava al passaggio della metropolitana, nessuno entrava in agenzia, nessuno si fermava sul marciapiede a guardare le offerte last minute che avevo appiccicato in vetrina.
Poi il telefono squillò. Per due volte. Prima C, poi la moglie del mio capo. Volevano avvisarci di cosa stava accadendo a New York. Ma noi già lo sapevamo. Internet. Foto video in tempo reale. L’America era sotto attacco, le Torri Gemelle erano state colpite da due aerei dirottati e da lì a poco sarebbero crollate su sé stesse. Eravamo sotto shock. Tutto il mondo era sotto shock.
Poi chiudemmo l’agenzia e me ne tornai a casa. Per settimane nessuno si fece più vivo, nessuno voleva più viaggiare, tutti avevano paura, nessuno voleva più prendere l’aereo, i clienti annullavano le proprie prenotazioni e io non avevo più niente da fare. Se prima dell’11 settembre 2001 il lavoro in agenzia semplicemente mi annoiava, dopo mi divenne insopportabile. E così me ne andai in Thailandia per un mese. Poi tornai, ed iniziò un’altra storia. La (mia) storia cambiò.


giovedì 10 settembre 2015

Vecchiaia

Le mani e i piedi si accorciano e si allargano, la pancia diventa molle, le caviglie si gonfiano, la schiena è imprevedibile, le labbra si svuotano lasciandoti un’espressione triste e seria sempre, il contorno del viso crolla, lo sguardo si spegne e sembri stanca sempre, i capelli ingrigiscono, i peli crescono dove non vuoi, le ossa scricchiolano, i denti ingialliscono, il corpo rimpicciolisce, il passo è più incerto di quanto penseresti, di quanto vorresti.
Cribbio, perché fra tutti gli esseri viventi solo il corpo dell’uomo è sfigurato dalla vecchiaia?


martedì 8 settembre 2015

lunedì 7 settembre 2015

sabato 5 settembre 2015

The end (18)

Il giorno in cui avrò in macchina l’euro per il carrello della spesa sarà la fine.


giovedì 3 settembre 2015

(Non) Sei tu la mia città

Io il caldo di questa città proprio non lo sopporto.

Quando ho letto il post di Isa su Roma ho pensato che io non ho mai visto la città così, che paradossalmente amo più i romani di Roma, che la bellezza non mi basta, che sono come quei commissari integerrimi dei film a cui importa più dell'onestà che della felicità, che mi manca il freddo, che il traffico di Roma è per me come un flusso interiore che mi corrisponde e che il clima invece mi fa schifo..

Ho pensato che sono un'ingrata.


martedì 1 settembre 2015

Giovinezza

...quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia...

(foto di Atena M)