“Forse è vero, come sosteneva mia
madre, che ognuno di noi ha una quota prediletta in montagna, un paesaggio che
gli somiglia e dove si sente bene. La sua era senz’altro il bosco dei 1500
metri, quello di abeti e larici, alla cui ombra crescono i mirtilli, il ginepro
e il rododendro, e si nascondono i caprioli. Io ero più attratto dalla montagna
che viene dopo: prateria alpina, torrenti, torbiere, erbe d’alta quota, bestie
al pascolo. Ancora più in alto la vegetazione scompare, la neve copre ogni cosa
fino all’inizio dell’estate e il colore prevalente è il grigio della roccia,
venato dal quarzo e intarsiato dal giallo dei licheni. Lì cominciava il mondo
di mio padre. Dopo tre ore di cammino i prati e i boschi lasciavano il posto
alle pietraie, ai laghetti nascosti nelle conche glaciali, ai canaloni solcati
dalle slavine, alle sorgenti di acqua gelida. La montagna si trasformava in un
luogo più aspro, inospitale e puro: lassù lui diventava felice. (…) Anche il
suo passo sembrava perdere peso e ritrovare un’agilità perduta.” (P. Cognetti, “Le
otto montagne”)
Bello il libro?
RispondiEliminasì, una bella storia di amicizia e di montagna
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