martedì 23 agosto 2016

Santa Caterina Valfurva

“Ah! Santa Caterina Valfurva, sì. Il posto più freddo del mondo, dove tutti si chiamano Compagnoni o Confortola…”, hanno esclamato mia madre e mia suocera dopo la mia decisione di prenotare lì e non a Bormio. E così, inevitabilmente, sono partita preoccupata, prevenuta e soprattutto attrezzata per combattere un freddo polare.

Invece, a Santa Caterina Valfurva sono stata proprio bene.  
A Santa Caterina Valfurva, infatti:
- sono stata lontana dal caos automobilistico, turistico e milanesissimo di Bormio.
- Ho camminato piano piano su ripidi sentieri di montagne alte, aspre e rocciose.


- Ho conosciuto gente che non spreca parole.
- Ho soggiornato nell’albergo di un signore che, quando ha un’ora libera, sale di corsa sulla montagna e poi torna giù, sempre di corsa e così tiene sotto controllo pressione e colesterolo, fino a qualche anno fa alti, ma adesso non più.
- Ho incontrato marmotte curiose, fischiettanti, immobili come belle statuine con lo sguardo fisso su di noi che salivamo al rifugio annaspando.
- Sono stata vicinissima a ghiacciai himalayani.


- Ho attraversato traballanti ponti tibetani.


- Dopo il temporale, ho visto un arcobaleno doppio e vicinissimo, ma non sono andata a cercare la pentola piena d’oro.


- Ho trovato tracce della Grande Guerra e mi sono domandata che razza di giornate trascorressero gli alpini dislocati sugli avamposti di montagna, e così i miei figli e mio marito hanno inscenato un tragicomico siparietto.



- Sono stata a più di tremila metri e il cuore cercava di saltarmi fuori dal petto come ogni volta che salgo sopra i duemila metri, e per l’ennesima volta mi sono chiesta “e se un giorno decidessi davvero di fare un trekking al campo base dell’Everest? il mio cuore reggerebbe?”
- Ho fatto un tratto di sentiero in jeep in compagnia di persone che dicevano “ci sono i crepacci? e allora? che problema c’è? se cadi in un crepaccio, tagli la corda, no?!” e ho pensato a come se la stessero tirando e lo stesso pensiero l’ha avuto mio figlio, mentre C no.
- Non sono andata a sentire Marco Confortola parlare della sua salita sul Makalu, un po’ perché Confortola non è Bonatti e nemmeno Messner, un po’ perché pioveva e la sala era stracolma.
- Ho pensato ad Achille Compagnoni, che a Santa Caterina è nato, e alla sua assurda versione dei fatti accaduti sul K2 tanti anni fa.
- Ho raccontato a mia figlia che campionessa è stata Debora Compagnoni.
- Ho pensato di essere in Cile e non nel Parco nazionale dello Stelvio, tanto è sorprendentemente bello e selvaggio.


- Non ho visto stambecchi, né aquile reali, ahimè, ma sarà per la prossima volta.
- Ho comprato un “pezzotto” per me e uno per mia mamma.


- Ho visto mio figlio mangiare con un appetito da lupo.
- Ho visto mia figlia attraversare torrenti saltando in equilibrio sui sassi, senza timore.
- Ho visto una mucca muggire vicino al corpicino del suo vitellino abortito sull’erba.
- Ho effettivamente constatato che tutti si chiamano Compagnoni e Confortola, ma “non è che siamo tutti parenti!"
- Non ho sentito freddo, ma “prova ad andarci d’inverno, poi mi dici!”.

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