Ciò che è certo è che la signorina Emme aveva molti difetti.
Contro i quali nulla riusciva a fare: non li controllava, non si controllava.
Lo so perché la conoscevo bene.
Mi ricordo la signorina Emme quando diventava odiosamente
enfatica ogni volta che diceva qualcosa in cui non credeva veramente; quando assecondava
senza ritegno le persone che non le piacevano o che non aveva voglia di conoscere;
quando sosteneva caparbiamente il contrario di ciò che i suoi genitori dicevano,
qualsiasi cosa dicevano. Me la ricordo anche piuttosto permalosa e che smetteva
di guardare negli occhi chi le diceva qualcosa che non le andava. Al lavoro poi
era pigra e capitava che lo cambiasse repentinamente, non appena sospettava che
qualche collega si fosse accorto della sua pigrizia. Aveva poi l’abitudine di
gonfiare le cose, così tanto per renderle più attraenti. E, infine, il suo difetto
peggiore: quando la signorina Emme frequentava una persona che riteneva
superiore a lei in qualcosa e poi invece ne scopriva le fragilità, prima si
sentiva a disagio, ma per poco, per pochissimo, perché poi si sentiva superiore,
faceva la superiore. Lo so perché l’ho vissuto sulla mia pelle, ma questa è
un’altra storia.
Brutti difetti quelli della signorina Emme. Ed era a causa
loro che si sentiva sola, che era sola. Anch’io la ricordo sola. Sola fino al
giorno in cui decise di non parlare più. Di rimanere zitta per sempre.
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