mercoledì 26 agosto 2015

A Roma

A Roma ho pensato, fatto e visto diverse cose in una settimana.
Mi sono emozionata quando ho sentito la voce del Papa e ho pensato che si stesse rivolgendo anche a me che stavo facendo la coda per entrare in San Pietro.
Mi sono emozionata quando nelle catacombe di San Sebastiano due giovani suore devote a San Filippo Neri hanno pregato nel luogo dove il loro amato santo pregava per giornate intere cinquecento anni fa.
Dopo una curva mi sono trovata davanti il Fontanone dell’Acqua Paola, dove Sorrentino ha girato la prima scena del film “La grande bellezza” e uno stormo di pappagallini verde smeraldo mi è passato sulla testa.
Ho fatto un salto quando sul Gianicolo a mezzogiorno è scoppiata una cannonata.
Sono passata sotto la casa di Jap Gambardella, vicino al Colosseo.
Ho visto il cinema di Nanni Moretti e poi a casa della Deb ho controllato che film avrebbero dato quella sera.
Ho camminato sull’Appia antica verso Brindisi.
Ho visto un gatto nero cacciare tra le rovine di antiche terme romane e topi grossi come gatti rovistare nella spazzatura a pochi metri dal Pantheon.
Ho chiacchierato con una Vestale che chissà quando ha perso la testa nel Foro Romano.
Dopo quasi trent’anni, schiacciata tra un marea di gente sudata stanca appiccicosa, ho rivisto la Cappella Sistina, coloratissima.
Ho fatto un picnic nel parco di Villa Pamphilj sotto i pini marittimi più alti che abbia mai visto.
Mi sono comprata un paio di sandali rosa vicino a Campo dei Fiori.
Ho visto un cielo messicano.
Ho litigato con C.
Sono entrata per la prima volta da Tiger.
Ho visto S subire il fascino delle rovine.
Ho mangiato carciofi alla giudea nel ghetto.
Sono stata in via Caetani e ho più o meno spiegato ai miei figli chi era Moro e che cosa pensavano di volere le Brigate Rosse.
Ho cercato di spiegare ai miei figli la differenza tra destra e sinistra senza riuscirci, e ho litigato con C.
Ho visto una tartaruga di pietra assetata.
Sono andata a trovare le vittime della follia nazista alle Fosse Ardeatine.
Ho alzato gli occhi e ho visto un San Sebastiano psichedelico incollato al soffitto di una chiesa.
Ho subito lo zelo indolente di un custode.
Sono passata da un varco attivo.
Ho scattato foto col cellulare dimenticandomi che possiedo una macchina fotografica.
Ho visto due piedi piatti su una lapide nella Galleria Lapidaria dei Musei Capitolini.
Ho sentito stonare un coro di suore nella Chiesa di Santa Cecilia, a Trastevere.
Ho bevuto l’acqua delle fontanelle romane che è buona e fresca.
Ho visto persone mettersi in fila per farsi una foto con la mano nella Bocca della Verità.
Ho sentito F decidere che il monumento più bello di tutta Roma è il Vittoriano.
Ho riso con la mia famiglia cantando fortissimo, con tutte le erre accentuate e con le parole mozze “Rrrrroma capoccia derrrr monno infaaameeee”.
Ho visto un cactus pieno di fichi d’India e ho pensato a mio padre che da bambino ci è cascato dentro.
Ho sentito C dire più di una volta che si sarebbe volentieri portato a casa un marmo romano, e ho pensato che con lo stesso ragionamento per secoli gli uomini si sono volentieri portati a casa capitelli, colonne, marmi, sculture antiche.
Ho finalmente capito l’architettura del Colosseo.
Ho cenato con una americana che a un cacio e pepe, a un’amatriciana, a una carbonara, a spaghetti con le vongole ha preferito un piatto di verdure grigliate scondite, e non l’ha nemmeno finito.
Ho capito perché alla fine del Settecento si è sviluppata la corrente artistica del Rovinismo.
Ho visto i miei figli correre sotto il sole tra le sterpaglie su ciò che rimane del circo che Massenzio si fece costruire sulla via Appia e che probabilmente mai utilizzò.
Mi sono ricordata che da piccola volevo fare l’archeologa ma che poi ho cambiato idea e adesso mi pento di aver cambiato idea.
Ho capito che Roma è troppo bella, talmente bella che puoi morire d’infarto davanti a tanta bellezza.
Ho capito che alla mia età è meglio avere una famiglia, non vivere soli.
Ho invidiato la Deb.
Mi sono chiesta come la Deb riesca a vivere a Roma non una settimana, tutti i giorni.


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