“Saunders aveva per i suoi simili un interesse né puramente
scientifico né puramente umano. Li considerava una fonte di svago; li guardava
spassionatamente, e dipanare i grovigli individuali gli dava un piacere non
diverso da quello del matematico nel risolvere un problema. Delle cognizioni
che si procurava non faceva alcun uso; la soddisfazione che ne traeva era di
natura estetica, e se conoscere e giudicare gli uomini gli dava un senso
sottile di superiorità, egli non ne era consapevole. Aveva pochi pregiudizi,
meno della maggior parte degli uomini. Disapprovare non era nella sua indole.
Molti sono indulgenti riguardo ai vizi che praticano, e intolleranti verso
quelli a cui non sono inclini; alcuni, di più larga veduta, li accettano tutti
con generica tolleranza, spesso, peraltro, più teorica che reale; ma pochi
riescono a sopportare senza disgusto
comportamenti diversi dai loro. Di rado ci si scandalizza perché qualcuno ha
sedotto la moglie altrui, e magari (se non sei la vittima) si resta equanimi
sapendo che il tizio ha barato alle carte o falsificato un assegno; ma è
difficile stringersi d’intima amicizia con chi ha una cattiva pronuncia, e
quasi impossibile con chi raccoglie il sugo col coltello. Il dottor Saunders a
queste cose era poco sensibile. Il mal comportamento a tavola non lo turbava,
come non lo turbava un’ulcera purulenta. Diritto e torto per lui non contavano
più del buono e del cattivo tempo. Li prendeva come venivano. Giudicava ma non
condannava. Rideva.
Con lui era facile andare d’accordo. Era molto benvoluto; ma
non aveva amici. Era un compagno gradevole ma non cercava né dava confidenza.
Non c’era persona al mondo che non gli fosse in sostanza indifferente. Bastava
a se stesso; la sua felicità non dipendeva da altri che lui.” (W. Somerset
Maugham, “Acque morte”)
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