venerdì 30 ottobre 2015

Voci della verità (13)

Come ogni mattina, sulla soglia di casa C. saluta F. che va a scuola in bicicletta.
“Buona giornata F. Mi raccomando stai attento con la bici. Fai attenzione alla strada che è il posto più pericoloso del mondo”.
“Sì, papà, stai tranquillo, me lo dici ogni mattina di stare attento… Comunque il posto più pericoloso del mondo è la Fossa delle Marianne, papà, non la strada!”
Poi esce, e C. torna alle sue cose.
Dopo qualche minuto dalla cucina arriva una vocina un po’ roca e molto assonnata: “… è Caracas il posto più pericoloso del mondo…”. Femmina diabolica.


giovedì 29 ottobre 2015

Un sapore di ruggine e ossa

La scorsa settimana ho visto su Rai Movie un film francese di qualche anno fa che avevo perso al cinema e il cui titolo da romanzo italiano contemporaneo mi ha sempre attratto molto: “Un sapore di ruggine e ossa” di Jacques Audiard, con Marion Cottillard e Matthias Schoenaerts.


Alì dal nord della Francia si trasferisce col figlioletto in Costa Azzurra a casa della sorella, cerca un lavoro e, mentre fa il buttafuori in una discoteca, conosce Stephanie, bella e tenebrosa, che è andata a ballare da sola e che si è ferita perché è finita in una rissa. Lui, apparente gentiluomo, l’accompagna a casa, cerca di sedurla, ma lei non ci sta –o non fa in tempo a starci…- soprattutto perché è fidanzata con uno, brutto e antipatico.
Passa il tempo.  
Stephanie di mestiere addestra orche in un parco acquatico. Un giorno, durante uno spettacolo, avviene un incidente terribile e lei si fa malissimo. Si risveglia in ospedale con entrambe le gambe amputate. Poi, menomata, disperata e sola, va a vivere in una nuova casa. Alì intanto riprende a tirare di boxe.
Passa il tempo.  
Stephanie guarda triste fuori dalla finestra, poi un giorno lo chiama. Lui, che è un tipo di pochissime parole, la va a trovare subito e non sembra preoccuparsi più di tanto che lei abbia perso entrambe le gambe, anzi la porta al mare e la fa nuotare. Stanno bene insieme, si divertono e si capisce che si piacciono. Poi lui inizia a fare incontri clandestini di boxe e lei lo va a guardare e la situazione la attrae e la disturba allo stesso tempo. Un giorno parlano di sesso e decidono a tavolino di farlo: lei inizialmente si fa un sacco di menate perché insomma non ha più le gambe, solo le cosce, lui invece non si fa nessun problema, anzi. Fare sesso a Stephanie fa bene. Torna a vivere e a essere bella. Si fa tatuare sulla coscia destra la parola “droite”, e sulla sinistra “gauche”. Figo. Poi però lei s’innamora, è gelosa delle altre donne che Alì saltuariamente frequenta e vorrebbe da lui un coinvolgimento diverso. Ma lui non ce la fa. Alì sembra incapace di provare emozioni. Alì è una macchina da combattimento, perfetta per la boxe e per il sesso con Stephanie e con chiunque ci stia. Ma è anche un tipo nervoso: tratta male il bambino e combina un casino, e sua sorella perde il lavoro per colpa sua e quindi lo manda via. Lui se ne torna al nord senza avvisare e salutare nessuno, e inizia ad allenarsi seriamente.
Un giorno il suo bambino lo va a trovare. Giocano, si divertono nella neve, fanno scivolate su un laghetto ghiacciato. Poi lui lo perde d’occhio. Fa pipì, si gira e non lo vede più. Poi si accorge di un buco nel ghiaccio: il bambino è finito in acqua, il bambino è sotto una lastra di ghiaccio. Lui la spacca a pugni. Lo recupera in extremis e corrono in ospedale. Lui ha le ossa spaccate di entrambe le mani, il piccolo rischia di morire. Nel momento di massima disperazione lei lo chiama e lui finalmente si lascia andare, piange disperato e le chiede di non lasciarlo solo.
Passa il tempo.
Alì diventa un campione di boxe, il figlio sorride orgoglioso avvinghiato al suo papà, Stephanie è felice con loro. Tutti si riscattano. The (happy) end, grazie a dio.

Ma perché “Un sapore di ruggine e ossa”? Perché questo titolo da romanzo italiano contemporaneo che tanto mi piace? Forse Stephanie ha il sapore di ossa anche se le ossa le ha perse ma è forte e solida come devono essere le ossa, mentre Alì sa di ruggine che si forma sul ferro e che fatica ad andar via, ma se ti impegni ce la fai, la gratti via e il ferro torna pulito e lucido? Boh.
Voto: 6/7


mercoledì 28 ottobre 2015

La parte importante non si vede

“-Dimmi, Pearlie, perché Holland è rimasto?-.
Come potevo spiegare il mio matrimonio? Chi guarda una nave dalla costa non può giudicare la sua capacità di tenere il mare, perché la parte importante è sempre immersa sott’acqua: non si vede.” (Andrew Sean Greer, “La storia di un matrimonio”)



martedì 27 ottobre 2015

Funghi

A volte è bene ringraziare anche chi ha attraversato la nostra vita come una pianta grassa
o, peggio, come un fungo velenoso.



lunedì 26 ottobre 2015

Vorrei invecchiare elegantemente

Vorrei invecchiare elegantemente, senza idolatrare il passato, ma ricordandomi tutto.


venerdì 23 ottobre 2015

Il paradiso

“Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine” (Virginia Woolf)


giovedì 22 ottobre 2015

Il bello della vita secondo me (42)

Sola a casa nel pomeriggio accendo la radio.
“The Chauffeur”.
Ho quattordici anni.
Il bello della vita secondo me.


mercoledì 21 ottobre 2015

La bellezza è una lente deformante

“La bellezza è una lente deformante. Holland veniva sempre accolto da risolini e strette di mano, occhiate curiose e sguardi insistenti; aveva una faccia e un sorriso che non si dimenticavano facilmente. Perfino nel modo in cui teneva la sigaretta o si allacciava una scarpa c’era una certa grazia mascolina che ti metteva voglia di fargli il ritratto. Che vita frastornante, distorta: vedersi offrire impieghi, passaggi in macchina, bicchieri di whisky – “Omaggio della casa, tesoro”-, accorgersi che quando entri in una stanza l’atmosfera cambia; sentirsi sempre gli occhi addosso. Tutti lo volevano e lui lo trovava normale; suscitava un desiderio così immediato, così frequente che forse non si era mai posto il problema di che cosa volesse veramente lui”. (Andrew Sean Greer, “La storia di un matrimonio”)


martedì 20 ottobre 2015

C’è chi…

C’è chi finge di non capire così poi capisce tutto.

(foto di Vivian Maier)

venerdì 16 ottobre 2015

Suburra

“Suburra”, il nuovo film di Stefano Sollima da pochi giorni nei cinema italiani, mi è piaciuto per venti motivi più uno.


1. Perché sono rimasta appiccicata allo schermo dal primo all’ultimo secondo, non mi sono distratta mai, non mi sono annoiata mai, e non mi sono accorta di chi mi sedeva dietro e ciò accade di rado (quando ho visto "Everest", il tizio dietro tossiva e batteva in continuazione il piede sullo schienale della mia poltrona e stavo impazzendo, così ho deciso di cambiare posto…)
2. Perché nel film piove sempre, incessantemente, soprattutto di notte, una pioggia grossa e pesante, un muro d’acqua fredda che inzuppa i protagonisti fino al midollo delle ossa, e loro non ci fanno caso.
3. Perché il film è buio.
4. Perché la musica incalza e ti fa battere il cuore forte.
5. Perché la tossica Viola potrebbe essere una delle ragazze che ho conosciuto in comunità tanti anni fa e con Numero 8 forma una coppia assolutamente romantica e assolutamente infernale.


6. Perché al Male non c’è rimedio.
7. Perché i buoni non ci sono, li cerchi ma non li trovi.
8. Perché “Suburra” è contemporaneamente un noir, una crime story, un thriller, un western, un gangster movie, un melodramma, una soap opera.
9. Perché Pierfrancesco Favino che interpreta la parte di un politico di destra corrotto, vizioso e a suo modo violento è talmente bravo che non sembra più figo, e non sembra più lui nemmeno nella voce (viscido, con il corpo abbronzato e la pelle lucida, in alcuni momenti del film – principalmente quando è in Parlamento a fare il mestiere di parlamentare – sembrerebbe parlare in falsetto).
10. Perché Elio Germano nel ruolo del pr Sebastiano dà fastidio.
11. Perché Claudio Amendola nella parte di Samurai, ex terrorista nero passato alla criminalità organizzata, è credibile e solido e serio come un padre.


12. Perché i colpi di pistola rimbombano assordanti e ogni volta sono un pugno nello stomaco.
13. Perché in “Suburra” ho ritrovato tutto ciò che mi era piaciuto in "Gomorra. La serie".
14. Perché la grande casa della famiglia rom è pazzesca e assurda, con tutti che urlano in una lingua incomprensibile.
15. Perché le immagini del film girate a Ostia, sul mare, sono fredde, livide, rigide e perfette come quadri.


16. Perché i malavitosi di professione, nella loro follia e nella loro violenza senza limite, sono ahimè/ahinoi affascinanti.
17. Perché lo stile della fotografia è cupo, maschile, nero, impietoso.
18. Perché, dopo che la Leti mi ha spifferato nell’orecchio per tre volte che cosa sarebbe successo entro qualche minuto, ho pensato che il film fosse prevedibile, ma poi ho cambiato idea perché, insomma, io non ci ero arrivata e forse è lei che è intelligente.
19. Perché mi sono divertita.
20. Perché continuo a ripensarci.
(+1. Perché ieri era la festa del cinema e ho pagato il biglietto solo tre euro)



mercoledì 14 ottobre 2015

martedì 13 ottobre 2015

Una tipa strana

Conoscevo una tipa strana. Avevamo la stessa età, ma non l’avresti mai detto.
Era simpatica e ridevamo spesso.
La tipa strana, però, non mi chiedeva mai nulla, e non mi cercava mai. Non rispondeva alle mie domande e raramente raccontava di sé. Ma io la conoscevo bene, anche se lei preferiva fare finta di niente.
La tipa strana cambiava idea. Anzi no, non cambiava idea, lei lasciava tutto in sospeso, teneva decisioni situazioni cose persone in sospeso.
Per lunghi periodi sfuggiva. A me o a tutti, non lo so, non l’ho mai capito. E poi, quando ricompariva, faceva un sacco di progetti che non realizzava o realizzava, ma mai con me.
Quando le parlavo, ciò che un attimo prima mi era sembrato interessante smetteva di esserlo e mi sentivo stupida e io stupida non lo sono mai stata. Faticavo a capire cosa le importasse e cosa le interessasse perché nulla sembrava importarle o interessarle davvero.
La sua era una splendida saggezza o una becera stronzaggine? Non lo capii. Ciò che capii fu che questa strana tipa mi stancava.

(illustrazione di Nathalie Parain)

domenica 11 ottobre 2015

venerdì 9 ottobre 2015

Voci della verità (12)

Tornando a casa da scuola con S e una sua compagna di classe parliamo di quando erano piccole e frequentavano la scuola materna.
“Senti, ma è vero che alla scuola materna di Poreno dove tu andavi c’erano delle suore cattive che obbligavano i bambini a mangiare tutto, anche il cibo che non gli piaceva? Me lo ha raccontato l’altro giorno un mio compagno di tennis”, domanda seria e risentita S alla sua amica bionda e delicata.
“Ah, sì, è vero, mi ricordo. Io una volta ho dovuto mangiare il pane tutto bagnato che mi era caduto in un bicchiere. Ma sono cose che si superano, non ti preoccupare.”


mercoledì 7 ottobre 2015

martedì 6 ottobre 2015

Uno di quei giorni

Anche quella mattina la signorina Emme si svegliò e guardò fuori dalla finestra, andò in cucina e si fece un caffè. Lo beveva con tanto latte, due cucchiaini di zucchero e due biscotti. Poi sarebbe stato uno di quei giorni in cui non avrebbe fatto nulla. Di sicuro non avrebbe parlato.


lunedì 5 ottobre 2015

5 ottobre

"... sarà difficile dire Tanti Auguri a Te che a ogni compleanno vai un po' più via da me... "





venerdì 2 ottobre 2015

Fallo e basta

“Non pensare di fare arte, falla e basta. Lascia che siano gli altri a decidere se è buona o cattiva, se gli piace o gli faccia schifo. Intanto mentre gli altri sono lì a decidere tu fai ancora più arte.” (Andy Warhol)

(foto di Vivian Maier)

giovedì 1 ottobre 2015