Ho abbandonato l’ultimo romanzo di
Orhan Pamuk sul ripiano della mia libreria.
Non ce l’ho fatta, mi è venuto a
noia a pagina centododici. Poi magari lo riprendo, mi son detta con pochissima
convinzione mentre lo riponevo sullo scaffale.
Così, non avendo niente di nuovo
da leggere, me ne sono andata in libreria.
Il mio acquisto è stato, come
spesso mi capita, assai rapido: ho comprato "Le ragazze" di Emma Cline. E l’ho
scelto solo per la copertina, lo giuro. E forse un po’ anche per il titolo.
In “Le ragazze” ho trovato quello
che speravo di trovare.
Ho trovato:
- una scrittrice americana, di
talento, giovane giovane, al suo esordio letterario.
- Un buon thriller.
- Una storia torbida che si svolge
in estate.
(La trama in breve: Evie Boyd ha quattordici anni e si sente
invisibile; il padre è un vanitoso che se ne è andato di casa con una donna più
giovane; la madre è una donna di mezza età a pezzi che cerca di rimanere a
galla, di rimanere in forma e di piacere agli uomini; la sua amica del cuore è
anonima; i ragazzi non la considerano. Un giorno, però, conosce Suzanne e le
sue amiche, selvagge, fuori dagli schemi, libere e disinibite, e ne rimane
soggiogata. Decide di seguirle nel ranch dove vivono, una comunità/setta dove
ragazzi, ragazze e bambini trascorrono le giornate allo stato brado, in
adorazione di Russel, il leader che agogna a diventare una rockstar. Poco cibo,
tante droghe, niente soldi, tanta sporcizia, sesso libero. Evie scopre un nuovo
e anticonformista modo di vivere e ne è affascinata e turbata allo stesso tempo.
Ma quando Mitch, il cantante amico di Russel, verrà meno al patto e l’agognato
contratto discografico salta, si scatenerà una reazione che porterà tutti all’inferno…)
- Una scrittura controllata, chiara
e fluente (“Non mi chiedevo come passasse
le mie giornate mia madre. Sarà stata seduta nella cucina vuota, col tavolo che
odorava del marciume domestico della spugna, ad aspettare che rientrassi
rumorosamente da scuola, che mio padre tornasse a casa dal lavoro.”)
- Frasi brevi, evviva.
- Emozioni che riconosco e comprendo
(“A quell’età, il desiderio era spesso un
atto di volontà. Uno sforzo tremendo per smussare gli spigoli più ruvidi e
deludenti dei ragazzi dandogli la forma di persone che potevamo amare. Parlavamo
del nostro bisogno disperato di loro con parole trite e familiari, come se
stessimo leggendo le battute di un copione teatrale. A distanza di anni avrei
capito questo: quant’era impersonale e disorientato il nostro amore, che
mandava segnali in tutto l’universo sperando di trovare qualcuno che desse
accoglienza e forma ai nostri desideri.”)
- Pagine sorprendenti.
- Pagine deludenti.
- Una capacità di mettere su carta l’inquietudine
dell’adolescenza che mi ha lasciato a bocca aperta.
- Un po’ di Breat Easton Ellis.
- Un po’ di Dacia Maraini.
- Un po’ di Edna O’Brien
- Un po’ di Joyce Carol Oates.
- I figli dei fiori della fine degli
anni Sessanta (il riferimento alle vicende legate alla setta di Charles Manson
è ovviamente lampante).
- La California.
- La solitudine e le paure di una
donna che ha la mia età e che ricorda bene come era a quattordici anni (“Era quello il nostro errore, credo. Uno dei
tanti. Credere che i ragazzi agissero in base a una logica che un giorno
avremmo potuto capire. Credere che le loro azioni avessero un senso a parte il
puro sconsiderato impulso. Eravamo come complottiste, vedevamo portento e
intenzione in ogni dettaglio, desideravamo disperatamente essere abbastanza
importanti da diventare oggetto di pianificazione e congetture. Ma quelli erano
solo ragazzi. Stupidi, giovani, semplici: non nascondevano un bel niente.”)
- La giovinezza.
- La bellezza selvaggia e fragile
della giovinezza.
Voto: 9
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