giovedì 7 maggio 2015

Medical drama

In piena notte mi ritrovai sulla pista di un aeroporto. Vicino a quel signore con il paraorecchie grosso e il gilet fosforescente che di mestiere fa segnali con le braccia agli aerei che decollano e che atterrano, aspettavo mio padre che stava arrivando in condizioni disperate dalla Turchia su un aeroplano privato.
A un certo punto l’aereo atterrò. Era piccolissimo e con la punta aguzza. Dentro ci stavano, stretti stretti, il pilota, la barella con mio padre, la moglie di mio padre, una loro amica e due giovani medici turchi dell’ospedale americano di Istanbul che avevano prestato soccorso a mio padre una settimana prima.
Il pilota scese per primo dalla scaletta e mi salutò. Parlava con un forte accento tedesco e mi sembrava troppo allegro visto le circostanze. Subito me lo immaginai mentre pilotava l’aereo a casaccio sui cieli dei Balcani, sghignazzando e bevendo champagne da un calice di cristallo con dietro mio padre traballante e agonizzante. Poi saltarono giù dall'aeroplanino i due medici: sembravano due attori di “Grey’s Anatomy” senza controfigura, decisamente aitanti e vestiti uguali con tute da astronauti grigio perla. Ricordo di averli osservati a lungo, troppo a lungo, perché poi feci mente locale e abbassai velocemente gli occhi su mio padre, che era sdraiato sul lettino, legato, intubato, privo di conoscenza e coi capelli bianchi e lunghi che svolazzavano dappertutto. Dopo poco arrivò sulla pista l’autoambulanza che mia sorella aveva noleggiato per l’occasione. Ci salii e a fianco di mio padre ci dirigemmo verso l’ospedale a sirene spiegate. C e le due signore ci seguivano con la macchina. 
Fu questo lo scoppiettante inizio di un medical drama che, tra risvegli improvvisi e allucinati (“isabè, sono morto, sono morto, sono in Congo, sepolto in una cassa di legno”, “isabè, ho sentito degli spari, mi stanno cercando, mi vogliono sparare”), medici col ciuffo e la valigetta, interrogativi enigmatici (“cos'è il cancro, isabedda, spiegamelo che io non lo so, sono un ignorante”), bombole d’ossigeno, chemioterapie, lacrime, risate, funerali di altri, mogli crudeli e distratte e assenti e viziate, fratelli inetti, acquisti inutili e folli, fatture non pagate eccetera eccetera, durò circa un anno. La serie - che ebbe grande successo in Italia e in Turchia - terminò quando l’attore protagonista salutò per sempre i suoi spettatori, poco dopo aver festeggiato il suo settantaquattresimo compleanno. La produzione decise di non rinnovare il contratto al resto degli attori. Tutti a casa. Giù il sipario. The end.



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