Mi piacciono i cimiteri. Tutti. Indistintamente. Quelli piccoli
di montagna, come quello dove è sepolto mio nonno; quelli di cemento coi lumini
elettrici nelle periferie dei paesi, come quello del paese in cui vivo; quelli a
picco sul mare, come quello dove dovrebbero essere sepolti i miei zii siciliani; quelli antichi, come quello dove è sepolto mio padre a Istanbul. Mi piacciono
tutti.
Mi piacciono i pensieri che mi vengono quando sono in un
cimitero, quasi mai pensieri tristi.
Nei cimiteri mi sento tranquilla. Giro tra le tombe e penso
alla vita, soprattutto alla mia di vita, e a come vorrei morire.
Mi piace andarci coi miei figli: parliamo a bassa a voce, ci fermiamo davanti alle tombe, a volte i bambini recitano una preghiera mezza giusta, mezza sbagliata, molto inventata, a volte ci viene da piangere, a volte da ridere. Spesso mi fanno domande. Parliamo e ci sentiamo vicini.
Mi piace andarci coi miei figli: parliamo a bassa a voce, ci fermiamo davanti alle tombe, a volte i bambini recitano una preghiera mezza giusta, mezza sbagliata, molto inventata, a volte ci viene da piangere, a volte da ridere. Spesso mi fanno domande. Parliamo e ci sentiamo vicini.
L’altro giorno sono stata al Cimitero Monumentale di Milano,
un posto incredibile, zeppo di vita, di storia, di arte e ho visto sculture e
monumenti bellissimi.
Ho visto un cavaliere addormentato con lo spadone tra le
gambe e l'ho fotografato perché me lo ha chiesto C.
Le scarpine con le calzine corte di una bambina di bronzo
che potrebbe essere S.
Una mamma che guarda estasiata il suo bambino cicciottello.
Gesù crocefisso tra le colonne nere di smog del Foro Romano a
Milano.
Una teatrale e leonardesca Ultima Cena, con personaggi
enormi di bronzo, e un Giuda riconoscibilissimo perché brutto e quindi
cattivo.
Una sposa fin troppo inconsolabile.
Una signora fin troppo ben educata.
Un gruppo scultoreo Annunciazione + Pietà che mi ha sorpreso
e commosso.
Un angelo che secondo F sta sussurrando nell’orecchio alla
bambina “svegliati, svegliati, devi andare a scuola, svegliati, svegliati”.
Due genitori che piangono nudi abbracciati composti la morte
del loro bambino e intorno i buchi nel marmo lasciati dalle schegge delle bombe cadute su Milano in guerra.
Tre fanciulle che danzano tenendo tra le mani i giocattoli
del bambino che è morto.
Una barca che solca mesta il mare trasportando il corpo del
bambino che è morto.
Dei piccioni.
Un angelo che medita.
Una scultura di Lucio Fontana che a F ha ricordato la Nike
di Samotracia e che C guardandola non ha pensato “questa la posso fare anch'io” però
i tagli di Fontana sì che “li posso fare anch’io”, ahimè.
La tomba di Franca Rame, “bella ciao!”.
Una albero secco da cui sgorga acqua potabile.
Una lapide su cui Medardo Rosso ha voluto lasciare la
domanda che tutti ci facciamo di fronte alla morte: “perché?”, ma il punto
interrogativo è saltato via e senza punto interrogativo la domanda non è più una domanda.
Due alieni in strano equilibrio su un piatto.
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