A Salisburgo e a Vienna ho visto, fatto e pensato molte
cose.
Ho visto ai lati dell’autostrada colline ricoperte di boschi
gialli, rossi e verdi come nei quadri di Jawlensky.
Ho visto automobili non superare il limite imposto degli
ottanta chilometri all’ora, e camion andare ancora più piano, talmente piano
che avrei potuto superarli al mio ritmo di corsa.
Ho visto negozi che vendono addobbi natalizi tutto l’anno.
Ho visto luminarie di Natale pronte, ma ancora spente.
Ho visto le casette di legno dei Mercatini di Natale pronte,
ma ancora chiuse.
Ho visto la casa dove vorrei vivere con la mia famiglia.
Ho visto un castello incantato.
Ho cercato di leggere ad alta voce nomi composti da dieci
consonanti e una vocale scritti su cartelli segnaletici o su menu.
Ho mangiato un brodo scuro e salato in cui galleggiavano un
polpettone di carne, pezzi di carote e strisce di frittata.
Ho visto un bimbo, che poteva avere otto mesi, per terra a
pancia in su in un negozio mentre sua mamma si provava orecchini tranquilla.
Ho visto un arcivescovo di Manzù.
Ho visto, nella navata laterale della Chiesa di San Pietro a
Salisburgo, una cappella zeppa di angeli bianchi ed ebeti, che si guardavano
intorno con la bocca aperta e gli occhi storti.
Sono entrata in un cimitero e, al posto delle lapidi in
pietra o in marmo, c’erano deliziosi crocefissi in ferro battuto dipinto.
Ho visto C provarsi un giubbotto di pelle alla Steve Mcqueen
e ho pensato che gli stava bene, ma poi mi è venuto in mente mio padre che a sessant’anni
si fece crescere i capelli e ho pensato che non si può scoprire a
quarantacinque anni di voler un giubbotto di pelle, o forse sì…
Ho visto lo scivolo degli scivoli e mi sono mancati i miei
figli.
Ho scattato un selfie, capolavoro di comicità.
In una nicchia, alta su un muro grigio, ho visto una
prostituta stanca rubare il posto alla Madonna.
Ho visto quattro cetrioli giganti.
Ho visto un uomo in equilibrio su una sfera d’oro.
Ho visto una gigantessa interrata con gli occhi chiusi.
Ho mangiato una fetta di torta Sacher con la panna nella
caffetteria del mitico Hotel Sacher di Vienna ed era buonissima, poi mi sono
guardata intorno e ho visto luci e lampadari che vorrei in casa mia.
Ho comprato due mini torte Sacher e le ho pagate a una
ragazza calabrese che in Italia non trovava lavoro e che allora si è trasferita
a Vienna dove ha trovato subito un posto nella pasticceria Sacher e io le ho
detto che è stata brava e lei mi ha risposto “grazie, ma non è tutto oro quello
che luccica…”.
Ho visto donne guidare camion, taxi, pullman, tram, mezzi
per il trasporto della spazzatura e ho sentito C sorprendersene ogni volta dicendo
che in Austria le donne fanno i mestieri degli uomini e così mi sono sorpresa
della sua sorpresa e ho pensato che da noi il gap non si colmerà mai, o forse lo
colmerà F, ma solo se sarò brava.
Ho mangiato troppa carne e ho pensato che mi sarebbe venuta
la gotta.
Ho mangiato cibo troppo salato e ho pensato che i barbari
mangiavano questo stesso tipo di cibo troppo salato, non i greci e nemmeno i
romani.
Ho macinato chilometri in auto.
Ho capito finalmente dove sono la Stiria e la Carinzia.
Mi sono sentita vecchia e allora ho messo spessissimo le
lenti a contatto.
Ho pensato che dovrei iniziare a truccarmi gli occhi.
Ho visto bellissimi palazzi Art Déco.
A Vienna ho scoperto una città meno ordinata, meno austera e
meno pulita di quanto mi sarei immaginata, e mi è piaciuta.
Ho visitato il Palazzo della Secessione Viennese e mi sono
emozionata e sono stata contenta di avere i capelli rossi come le donne di
Klimt.
Sono andata al Leopold Museum per andare in overdose di Schiele
e invece sono rimasta delusa e in astinenza perché speravo di vedere molti,
molti più quadri, ma quelli che ho visto erano drammaticissimi e bellissimi.
Ho mangiato in un ristorante greco e ho cercato di parlare
greco con il cameriere che però o non era greco o faceva finta di essere greco
o faceva finta di non essere greco.
Ho inaspettatamente comprato un addobbo natalizio il 4 di
novembre.
Ho inaspettatamente comprato un Calendario dell’Avvento per
i bambini il 7 di novembre.
Ogni mattina ho trovato le strade di Vienna bagnate come se
avesse piovuto la notte intera.
Ho visto un edificio progettato da Adolf Loos e mi sono
emozionata.
Ho visto la credenza che vorrei in casa mia.
Ho mangiato in un chiosco wurstel grigliati con crauti,
sottaceti e senape e ho pensato che fosse la cosa più buona del mondo.
Sono andata
in biciclette per le strade di Vienna fino al castello di Schönbrunn e ho
litigato con C perché, in una città piena di piste ciclabili e di gente che va
in bicicletta col casco tutto il giorno, lui voleva farmi credere che se non
avessimo preso le strade in controsenso e se non fossimo saliti sui marciapiedi
non saremmo mai arrivati dove volevamo arrivare, e anche adesso mentre sto
scrivendo m’incazzo e vorrei il divorzio breve.
Mentre su Radio Deejay passava “Lost in the weekend” di
Cesare Cremonini, ho visto C smettere di parlare, ascoltare e poi dire “non è poi
così male questa canzone…” e io sono stata zitta, ma dentro ho pensato che
forse ho ancora qualche speranza.
Non ho visto né il Prater né il Kunsthistorisches Museum né la casa di Feud né i fregi di Efeso. Me li
tengo per la prossima volta.
Per Par Condicio ho parlato con C. Lui sostiene che in bici, se ci sai andare, non c'è nessun codice della strada da rispettare. Ergo: anche a Vienna voleva fare i percorsi più brevi. L'unica cosa che non si può fare in bici è andare sui marciapiedi!!!
RispondiEliminaMa litigavate andando in bicicletta? Uno gridava e l'altro dietro rispondeva?
RispondiEliminaChe immagine buffa...nonostante ciò mi è venuta voglia di andarci
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