"Je ne cherche pas, je trouve" (P. Picasso)
venerdì 29 luglio 2016
giovedì 28 luglio 2016
La comune
Ieri sera ho visto un film interessante: “La comune” di
Thomas Vinterberg.
Anni Settanta, Danimarca, Erik - architetto che non fa l’architetto
ma il prof all’università – sua moglie Anna che è giornalista televisiva e la
loro figlia adolescente decidono di non vendere la megacasa con campo da tennis
e porticciolo annesso che lui ha ereditato da un padre con cui non parlava da
anni, ma di andarci ad abitare. Visto che le spese sarebbero elevatissime, Anna
convince il marito a creare una comune. Chiamano degli amici e la comune velocemente
si forma: c’è la single rossa che ama ridere e divertirsi; c’è l’amico di una
vita, simpatico e squattrinato; c’è la coppia con bimbo cardiopatico che per
attirare l’attenzione dice a tutti che morirà a nove anni; c’è l’immigrato
sensibile che piange spesso, parla male e che non trova un lavoro stabile.
La vita nella comune è divertente e il sistema sembrerebbe
funzionare. Ma Erik ha bisogno di attenzione, ha in ballo un importante progetto
e vorrebbe parlarne con la moglie che però non lo ascolta, un po’ perché è
distratta dagli altri, un po’ perché gli aveva già detto di essersi stufata di
ascoltare solo la sua voce. Così, come per incanto, entra in scena Emma, una
giovane e attraente studentessa che ci mette trenta secondi a farsi baciare dal
prof durante un inutile colloquio su Le Corbusier. Erik ed Emma s’innamorano e
si fanno beccare a letto dalla figlia di Erik che sorprendentemente decide di
tenere il gioco al padre. Lui però è un uomo troppo corretto (?) e confessa il
tradimento alla moglie che non reagisce male, anzi arriva a proporgli di
portare la giovane amante a vivere nella comune con loro. Nel frattempo la
figlia adolescente decide di perdere la verginità con un ragazzo poco più
grande di lei.
Quando Emma si trasferirà nella comune, non tutti
riusciranno a mantenere l’equilibrio. Erik vorrebbe potersi non occupare delle
fragilità femminili che lo circondano e preferirebbe trascorrere il tempo
lavorando e dormendo; Emma è spontanea e matura e proprio per questo si rende
conto dell’infelicità in cui sta sprofondando la moglie; la figlia osserva
tutto e si lega sempre più al suo ragazzino; gli altri si preoccupano, non
riescono a prendere decisioni sul da farsi e spesso si limitano a cambiare
discorso; Anna non regge, cerca di sorridere ma il marito le manca, si sente
vecchia, si sente sola, gli amici non le bastano, crolla sul lavoro, beve
troppo, diventa tristissima e anche un po’ cattiva. Alla fine sarà la figlia
adolescente a suggerire alla madre l’unica soluzione possibile per sistemare le
cose.
“La comune”, nonostante il tema difficile, è un film leggero
e divertente. Alla fine ti viene da pensare che la vita di gruppo non sia per
tutti e che probabilmente sia un’utopia, ma che forse sarebbe bello provarci,
che sarebbe bello rimettere in discussione se stessi, l’idea tradizionale della
famiglia e affrontare le conseguenze di scelte anticonvenzionali con calma,
senza paura di lunghi silenzi, ridendo e rimanendo ottimisti, sicuri che prima
o poi un modo si trova per sistemare le cose. Riflessione infantile? Probabilmente
sì. Okay. Comunque la coppia Erik/Anna sarebbe scoppiata lo stesso, comune o non comune.
Voto: 7 e 1/2
mercoledì 27 luglio 2016
martedì 26 luglio 2016
lunedì 25 luglio 2016
Voci della verità (17)
In macchina, in coda sulla Provinciale, un torrido
pomeriggio di luglio.
“Guardate, c’è un negozio con l’insegna “Sex Shop”. Cosa si
vende in un “Sex Shop”, mamma?”, mi chiede S. incuriosita.
“Mah, non saprei”, rispondo un po’ troppo imbarazzata.
“Sicuramente qualcosa che ha a che fare col sesso, magari della biancheria
intima particolarmente sensuale.”
“Come dei tanga!!!”, esclama dall’altezza dei suoi quasi
tredici anni F.
“Ah. Però, scusate, se il sesso si fa nudi, non capisco a
cosa servano delle mutande!?”, incalza contrariata la femmina diabolica.
“Magari ad aumentare il desiderio!?”, ribatto cercando di
spiegarle l’inspiegabile.
“Ah. Hai ragione. Ho capito. Ma allora questo negozio dovrebbe
chiamarsi “Pre-Sex Shop”.
sabato 23 luglio 2016
venerdì 22 luglio 2016
giovedì 21 luglio 2016
Peltro
Il servizio di posate che credevo d’argento in realtà era di
peltro.
“Mi dispiace, vale pochissimo. È peltro. Mi pare molto più
interessante la cassa di legno in cui è contenuto”, mi disse, dopo averlo
attentamente esaminato, l’antiquaria a cui avrei voluto venderlo.
Quel servizio di posate era un dono di mio padre. Roba
inutile, avevo pensato quando me lo regalò. Avevo vent’anni, vivevo in un
bilocale in periferia e di tutte quelle posate non sapevo cosa farmene, dei coltelli
per il pesce soprattutto. Ma mi ero convinta avessero un valore. Così le conservai
per anni, chiuse in un armadio, ordinatamente sistemate in base a una
destinazione d’uso a me sconosciuta, legate tra loro da sottili nastrini di
raso viola. Ogni tanto le controllavo ed erano sempre al loro posto. Precise e
ordinate. Le portai con me quando mi sposai, e mi seguirono anche nella casa
nuova.
Poi mio padre morì e non mi lasciò nulla. Dopo qualche mese,
confusa e amareggiata, pensai di sbarazzarmene. Decisi di vendere il servizio
di posate e di dividere il ricavato con mia sorella. Ma ciò che ottenni fu solo
un misero scambio: le mie inutili posate di peltro in cambio di un candelabro,
di una vecchia stampa a tema religioso e di qualche spicciolo. Certamente non
ci guadagnai.
martedì 19 luglio 2016
lunedì 18 luglio 2016
Ecco come andarono le cose tra loro
“Ecco come andarono le cose tra loro, per diciotto anni. In segreto,
Iris temeva che venisse il momento in cui Edward avrebbe voluto qualcosa di più
di semplici parole e odori; in cui avrebbe voluto guardare l’altro uomo a letto
con lei o (Dio non voglia) avrebbe cercato di entrare nel letto con loro. Ma questo
non accadde mai. Invecchiarono, e gli episodi divennero meno frequenti. A parte
questi, dovete sapere, la loro vita era abbastanza calma. Avevano la scrittura
dei romanzi a tenerli impegnati, e un fox terrier a pelo ruvido per divertirli,
e quella socievolezza, quella facilità di capirsi, che è il grande vantaggio
del matrimonio. Nei periodi di bonaccia, Iris pensava alle altre coppie che
conosceva. Tutte avevano dei segreti: il bere, il gioco d’azzardo, i problemi
di denaro. Ascoltava le loro storie e pensava: “I nostri problemi non sono
peggiori di quelli di chiunque altro”. Poi Edward mandava un uomo nel suo
letto, e lei pensava: “Sto mentendo a me stessa. I nostri sono peggio”. (David Leavitt, “I due Hotel Francfort”)
(opera di Ed Templeton)
venerdì 1 luglio 2016
Il bello della vita secondo me (58)
Nell’ora dell’aperitivo, quando la luce dell’estate è
perfetta, tre signore arrivano puntuali e sorridenti sul campo da tennis. In
una mano la racchetta, nell’altra la borsetta. Due chiacchiere e poi inizia la
lezione.
Esercitano il diritto e poi il rovescio a due mani; corrono
incontro a ogni palla senza risparmiarsi; ridono; si prendono in giro; ce la
mettono tutta; sudano tantissimo; hanno il fiatone; si accasciano a terra;
urlano; mancano la palla; steccano; tirano in rete; bevono; tirano il fiato; si
stancano tantissimo; raccolgono le palline e le mettono nel cesto; brontolano
quando il maestro gli fa cambiare l’impugnatura del diritto “perché, signore,
il tennis negli ultimi trent’anni si è evoluto”, ma poi lo fanno, cambiano
l’impugnatura ed entusiaste ammirano la nuova efficacia dei propri colpi;
giocano per vincere un minitorneo a tre che occupa gli ultimi dieci minuti
della lezione. Poi l’ora finisce, battono il cinque al maestro, lo pagano, si
asciugano il sudore, si scambiano due chiacchiere, si salutano e tornano a casa
contente. In una mano la racchetta, nell’altra la borsetta.
Il bello della vita secondo me.
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