Ieri sera ho visto un film interessante: “La comune” di
Thomas Vinterberg.
Anni Settanta, Danimarca, Erik - architetto che non fa l’architetto
ma il prof all’università – sua moglie Anna che è giornalista televisiva e la
loro figlia adolescente decidono di non vendere la megacasa con campo da tennis
e porticciolo annesso che lui ha ereditato da un padre con cui non parlava da
anni, ma di andarci ad abitare. Visto che le spese sarebbero elevatissime, Anna
convince il marito a creare una comune. Chiamano degli amici e la comune velocemente
si forma: c’è la single rossa che ama ridere e divertirsi; c’è l’amico di una
vita, simpatico e squattrinato; c’è la coppia con bimbo cardiopatico che per
attirare l’attenzione dice a tutti che morirà a nove anni; c’è l’immigrato
sensibile che piange spesso, parla male e che non trova un lavoro stabile.
La vita nella comune è divertente e il sistema sembrerebbe
funzionare. Ma Erik ha bisogno di attenzione, ha in ballo un importante progetto
e vorrebbe parlarne con la moglie che però non lo ascolta, un po’ perché è
distratta dagli altri, un po’ perché gli aveva già detto di essersi stufata di
ascoltare solo la sua voce. Così, come per incanto, entra in scena Emma, una
giovane e attraente studentessa che ci mette trenta secondi a farsi baciare dal
prof durante un inutile colloquio su Le Corbusier. Erik ed Emma s’innamorano e
si fanno beccare a letto dalla figlia di Erik che sorprendentemente decide di
tenere il gioco al padre. Lui però è un uomo troppo corretto (?) e confessa il
tradimento alla moglie che non reagisce male, anzi arriva a proporgli di
portare la giovane amante a vivere nella comune con loro. Nel frattempo la
figlia adolescente decide di perdere la verginità con un ragazzo poco più
grande di lei.
Quando Emma si trasferirà nella comune, non tutti
riusciranno a mantenere l’equilibrio. Erik vorrebbe potersi non occupare delle
fragilità femminili che lo circondano e preferirebbe trascorrere il tempo
lavorando e dormendo; Emma è spontanea e matura e proprio per questo si rende
conto dell’infelicità in cui sta sprofondando la moglie; la figlia osserva
tutto e si lega sempre più al suo ragazzino; gli altri si preoccupano, non
riescono a prendere decisioni sul da farsi e spesso si limitano a cambiare
discorso; Anna non regge, cerca di sorridere ma il marito le manca, si sente
vecchia, si sente sola, gli amici non le bastano, crolla sul lavoro, beve
troppo, diventa tristissima e anche un po’ cattiva. Alla fine sarà la figlia
adolescente a suggerire alla madre l’unica soluzione possibile per sistemare le
cose.
“La comune”, nonostante il tema difficile, è un film leggero
e divertente. Alla fine ti viene da pensare che la vita di gruppo non sia per
tutti e che probabilmente sia un’utopia, ma che forse sarebbe bello provarci,
che sarebbe bello rimettere in discussione se stessi, l’idea tradizionale della
famiglia e affrontare le conseguenze di scelte anticonvenzionali con calma,
senza paura di lunghi silenzi, ridendo e rimanendo ottimisti, sicuri che prima
o poi un modo si trova per sistemare le cose. Riflessione infantile? Probabilmente
sì. Okay. Comunque la coppia Erik/Anna sarebbe scoppiata lo stesso, comune o non comune.
Voto: 7 e 1/2
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