mercoledì 30 luglio 2014

Allacciate le cinture

Che stiate andando alla deriva, aspettando o volando...allacciate le cinture.
Penombra, casa libera, musica a palla, vino consigliato: Rosè Brut Metodo Classico altoatesino ghiacciato, bollicine di pesca e lamponi.

Cliccate, ascoltate e godete.

















http://www.youtube.com/watch?v=E4tz68hyT8s&sns=em

venerdì 25 luglio 2014

Ancora in vacanza

In vacanza si sta bene.
Si fanno i bagni nel mare.
Si dorme nella tenda nuova.
Si legge all’ombra dei pini marittimi.
Si raccolgono le conchiglie e le pigne.
Si fanno i castelli di sabbia.
Si mangia il pane che sa di poco.
Si visitano le città e le necropoli etrusche.
Si ripassano Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Michelino da Besozzo, Nicola Pisano e tutti gli altri.
In vacanza si sta proprio bene.


giovedì 24 luglio 2014

Il bello della vita secondo me (15)

Entrare in biblioteca.
Gironzolare tra gli scaffali pieni di libri.
Toccare.
Sfogliare.
Scegliere.
Sapere che non può bastare una vita per leggere tutto.
Pensare di poterci provare.
Il bello della vita secondo me.




martedì 22 luglio 2014

Il buono, il brutto, il cattivo

In questi giorni il mitico film western di Sergio Leone “Il buono, il brutto, il cattivo” è tornato nelle sale cinematografiche in versione restaurata.
I miei figli e il loro papà non potevano perdere l’occasione. E nemmeno io che questo film non sono mai riuscita a vederlo per intero alla televisione perché dopo un po’ mi annoiavo, lo devo confessare.
Stavolta non mi sono annoiata. Anzi, mi sono divertita e pure molto. Per diversi motivi.


Innanzitutto per i titoli di testa, super moderni, con le sagome bianche di cavalli che galoppano su uno sfondo rosso; con le macchie di sangue che coprono le scritte che comunque riesci a leggere; con il cannone in primo piano che spara e poi compaiono i nomi.
Poi per i paesaggi lunari e desertici (il film è stato girato in Andalusia, nel Deserto di Tabernas); per i primi lunghissimi minuti in cui ti domandi se qualcuno prima o poi parlerà o se il film è un film muto; per gli sguardi e i primissimi piani dei personaggi che hanno fatto la storia del cinema; per il Brutto (nel film Tuco, ossia Eli Wallach, morto il mese scorso a novantotto anni) che è il personaggio più simpatico e assomiglia all’amico di A e di S; per gli occhi azzurrissimi del Buono (il Biondo, ossia Clint Eastwood), che hanno fatto innamorare la mia bambina e non solo lei…; per gli anelli d’argento che indossa il Brutto; per l'aplomb del Cattivo (Sentenza, interpretato da Lee Van Cleef); perché i miei figli e il loro papà (o, meglio, a causa del loro papà) conoscono le battute del film a memoria (“vado, l’ammazzo e torno”, “quando si spara, si spara, non si parla”, “quel capitano sembra proprio che stia cercando la pallottola giusta”, “il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava. Tu scavi”, “Ehi Biondo lo sai di chi sei figlio tu? Sei figlio di una grandissima pu-ta-a-a-a”,eccetera); per la lunga scena nel deserto, quando il Buono non ce la fa più sotto il sole cocente e il Brutto sta a cavallo di un cavallo nero facendosi ombra con un ombrellino rosa, molto frou frou, molto improbabile e molto felliniano; per il duro monologo del Brutto che non fa una piega, quando si rivolge a suo fratello frate; per il Buono e il Brutto quando s’imbattono in un esercito e non capiscono se è di nordisti o sudisti – per loro cambierebbe poco, basta fare in tempo a mettersi la giubba giusta… - poi pensano di riconoscere le giacche grigie, ma sono giacche blu ricoperte di uno spesso strato di polvere e così vengono catturati; per la corsa psichedelica del Brutto che cerca la tomba giusta – quella con il “tesoro” - tra centinaia di tombe; ovviamente per la colonna sonora di Ennio Morricone; per il duello finale, racchiuso in un cerchio che sembra un’opera di land art; per il pop corn che è andato di traverso a F, e per C che continuava a domandargli se dovevano andare al pronto soccorso; per S che, per non perdersi nemmeno una scena, quasi quasi si faceva la pipì addosso.



lunedì 21 luglio 2014

Fantasmi

Quella notte mia nonna morì. Il suo corpo sarebbe stato cremato. Dopo. Prima, per un giorno e una notte, sarebbe rimasto nella casa dove aveva vissuto per tanti anni. All’ultimo piano di un bel palazzo con vista sul parco.
Nel pomeriggio decisi di stare con mia madre e di dormire lì, a casa di mia nonna, con mia madre e con mia nonna. Mia madre avrebbe dormito nella cameretta che era stata di mio zio; io avrei dormito in soggiorno, in un letto improvvisato fatto coi cuscini delle vecchie poltrone di mia nonna che odoravano di lei. Mia nonna era nella sua camera, morta nel letto dove era morta.
Ricordo che era sera e guardavo la televisione, mia madre stava leggendo a letto. Spensi pensando di voler dormire. Ma ero agitata. Al di là della parete c’era mia nonna. Morta.
Non avevo abbassato le tapparelle. Non lo facevo mai, nemmeno a casa mia. Ricordo che prima di addormentarmi ebbi fortissimo la percezione di vedere un’ombra iridescente attraversare veloce il balcone buio. Proveniva dalla portafinestra della camera di mia nonna. Sentii freddo. Mi convinsi di aver visto l’anima di mia nonna che abbandonava il corpo per raggiungere l’aldilà.
Avevo da poco conosciuto C. Al collo portava una piccola croce di legno, mi parlava di Gesù e ogni tanto riusciva a portarmi a messa. All’università studiavo Dante e leggevo Manzoni. Ero giovane.


domenica 20 luglio 2014

Domenica

"Quella (...) domenica tanta gente era uscita di casa e per i motivi più disparati. Per far passare il tempo o perché i bambini giocassero in uno dei parchi, per spingerli sulle altalene, mollarli di peso sui cavalli a dondolo o sugli scivoli, rassicurandoli: - Sì, la mamma ti sta guardando - in risposta alle loro voraci richieste: - Guardami, sono bravo... sono bravo -. Altri venivano per fare una breve e costosa galoppata sui pony, avanti e indietro lungo una striscia di smosso terriccio ghiaioso, a un tiro di schioppo dagli autobus e dalle macchine che distruggevano la dolce illusione di trovarsi in campagna. Altri ancora erano andati a trovare gli amici, a mangiare maiale, cotenna croccante e un piatto di verdure, per poi sprofondare nelle sabbie mobili dei loro divani; i parenti andavano a visitare i malati negli ospedali e nelle case di cura sparse in tutta la città, e coloro che stavano morendo, o che erano soltanto malati, si mettevano a sedere ingrugniti sui letti di ferro battuto, con gli occhi rivolti alla porta, occhi in attesa di un volto familiare, di un mazzo di garofani, della scatola di cioccolatini; un inferno di colpi di tosse, di borbottii, e di sguardi; sguardi che silenziosamente stabilivano chi se ne sarebbe andato per primo." (Edna O'Brien, " Le stanze dei figli")



venerdì 18 luglio 2014

Reset

Non ho niente da fare.
Non ho niente da pensare.
Non ho niente da guardare.
Non ho niente da dire.
Non ho niente da scrivere.
Ho bisogno di un reset.


mercoledì 16 luglio 2014

martedì 15 luglio 2014

Milano 1969 = Milano 2014

“Oggi i delinquenti non hanno più alcun pudore, alcuna paura, parlano tranquillamente in trattoria, in mezzo alla gente, con gli amici e le loro baldracche, che la mattina dopo andranno ad ammazzare la mamma, e la mattina dopo, infatti, l’ammazzano. E la gente che ascolta fa finta di non aver sentito.” (Giorgio Scerbanenco, “ I milanesi ammazzano al sabato”)


lunedì 14 luglio 2014

INCREDIBILE SORPRESA

Alla fine ci sono riuscita. Mi hai dovuto lusingare un po', ma adesso sono qui.                               Poter dire spesso "il bello della vita secondo me" dopo una certa età non è una cosa così semplice, presuppone  che si sia spesso di buon umore, piuttosto equilibrati un po' dimentichi di quello che vorremmo essere e non siamo, di quello  che vorremmo e non abbiamo.

sabato 12 luglio 2014

Il bello della vita secondo me (14)

Sfogliare le pagine di una rivista d’arredamento.
Questo mi piace, questo non mi piace.
Con la cate, su una panchina, gomito a gomito.
Il bello della vita secondo me.


giovedì 10 luglio 2014

Voci della verità quater

“Stasera vuoi vedere un documentario su Picasso, mamma? Ah sì, ho presente Picasso. È un po’ “brusco” questo Picasso. Però mi piace”, esclama con grande noncuranza F mentre gioca a Subway Surf spaparanzato sul divano.


"Picasso -The Legacy", alle 22.00, stasera su Laeffe.

mercoledì 9 luglio 2014

Ragazze di campagna dagli occhi verdi nella felicità coniugale

non mi sono venute altre idee per il titolo di questo post…

Ho finito “Ragazze nella felicità coniugale” di Edna O’Brien. “Ragazze di campagna” me lo sono letto un mese fa sul fido Kindle, e “La ragazza dagli occhi verdi” l’ho comprato di carta e fagocitato in vacanza, a bordo piscina, con intorno le colline verdi e l’asino che ragliava. Tre libri belli, tre titoli brutti, tre copertine orrende. Per cui non ne pubblico le immagini.

Edna O’Brien è una bella signora irlandese coi capelli rossi, ed è una grande scrittrice.
La sua scrittura è pura e naturale. Lieve, essenziale, spontanea. Il suo stile è intimo. E glielo invidio. Le sue storie parlano di donne e ovviamente anche di lei che ha vissuto una vita ricca, nel bene e nel male, molto ricca (per la cronaca, l’anno scorso è uscita l’autobiografia di Edna O’Brien - “Country Girl” - che non sono sicura di voler leggere perché dai suoi libri si comprende già così tanto…).  


La trilogia della O’Brien racconta di due amiche, Kate e Baba, e della loro vita, da quando sono bambine a quando diventano donne, poi mogli, poi madri.
Le due protagoniste crescono in un paesino di campagna nella cattolicissima Irlanda. Kate è timida, romantica, intelligente, e ama leggere, Baba è divertente, sfrontata e cinica. Kate perde la mamma troppo presto e ha un padre alcolizzato, Baba è figlia del veterinario del paese e di una mamma che si annoia. Vengono mandate a studiare in collegio dalle suore, poi si fanno espellere e vanno a vivere a Dublino. Qui vivono alla giornata, non hanno un soldo, cercano in ogni uomo l’uomo giusto che non arriva, amano i bei vestiti, andare alle feste, divertirsi. Kate s’innamora di un uomo sposato, Baba si ammala. Poi le due ragazze si trasferiscono a Londra. Kate si sposa, ha un figlio, il matrimonio va in crisi, il marito la caccia con la scusa di un tradimento in realtà di poco conto; Kate soffre e si sente sola. Baba sposa un riccone zotico e ignorante, vive nel lusso ma è infelice, rimane incinta del suo amante, tiene il bambino, e mi fermo qui.
La lettura scorre via leggera pagina dopo pagina. Difficile fermarsi, vuoi andare avanti, continuare a leggere. Le aspirazioni di Kate e di Baba, le loro esperienze, il sesso, la loro curiosità e vivacità, il loro desiderio di libertà, le loro frustrazioni e delusioni, la desolazione di alcuni interni, i paesaggi d’Irlanda, le strade di Londra sono raccontati e descritti in modo fresco, sincero ed efficace. Ci credi a quello che leggi. Sempre. Ed è bello.

“Ragazze di campagna” uscì nel 1960 e fu l’esordio letterario della O’Brien che lo scrisse in tre settimane quando aveva trent’anni. Il romanzo fece scandalo. Lo bruciarono sul sagrato della chiesa del paese natale della scrittrice. Poi nel 1962 e nel 1964 uscirono gli altri due. Il marito – scrittore anche lui - la lasciò perché non resse il confronto e ne invidiò il successo. Lei non mollò, continuò a scrivere. E continua a scrivere. Romanzi, racconti, poesie, sceneggiature, opere teatrali.  

Consiglio la trilogia di Edna O’Brien alle donne inquiete come me, che non si nascondono dietro un dito, e nemmeno dietro giri di parole.

  

martedì 8 luglio 2014

8 luglio

"L'8 luglio (...) sale con lui nel crepuscolo, per una breve passeggiata, fino alla piscina vuota. Le lucertole serpeggiano sul fondo asciutto. Si appoggia al suo braccio mentre scendono:
- Dimmi che mi ami come il primo giorno.
- Ti amo come il primo giorno - dice lui".
(G. Pontiggia, "Vite di uomini non illustri")


lunedì 7 luglio 2014

Scale

Pulivo le scale della palazzina in cui vivo quando mi si è avvicinato un signore che conosco.
“Non farlo troppo bene perché poi è peggio”, mi ha detto serio e in italiano. Strano. Nel posto dove vivo i vicini non parlano in italiano ma in dialetto, anche con me che faccio finta di capirlo e di parlarlo.
Io gli ho sorriso e ho continuato a ramazzare. Ma non capivo cosa volesse dirmi. Nonostante l'italiano. E non gli ho chiesto spiegazioni. Non avevo tempo, dovevo pulire le scale… 
Poi ci ho ripensato a quello che il mio vicino di casa mi aveva detto. E mi è rimasta a lungo la sensazione che non sia stata una cosa del tutto positiva. Se pulisco bene le scale, poi è peggio. Ma perché? Forse perché così i vicini pretenderanno da me sempre un buon risultato? Forse perché fatico, e a suo parere non ne vale più di tanto la pena? O perché “più si pulisce e più si pulirebbe” ed è molto stupido?
Non so. Fatto sta che quel giorno ho pulito le scale al meglio. Come al solito. Ma con qualche dubbio in più.


venerdì 4 luglio 2014

Donne che si tolgono le scarpe

“Mary si era rannicchiata sul divano tirando su i piedi, le scarpe a qualche passo di distanza sul tappeto. Ho sempre pensato che ci sia qualcosa di meravigliosamente pericoloso e franco in una donna che si toglie le scarpe in compagnia – è quasi come togliersi i vestiti. Io non riesco a farlo.” (Edna O’Brien, “La ragazza dagli occhi verdi”)

Lei invece sì.


mercoledì 2 luglio 2014

Il bello della vita secondo me (13)

Camminare all’imbrunire lungo un sentiero di campagna.
In silenzio.
Accorgersi che c'è una lucciola.
Poi un'altra, e un'altra ancora.
Accorgersi che ci sono decine di lucciole.
Tantissime lucciole che illuminano il buio che avanza.
Sembra Natale.
Il bello della vita secondo me.



martedì 1 luglio 2014

Wolf Children

L’altra sera per puro caso ho visto con i miei bambini un cartone animato giapponese molto bello. Poetico, intelligente, leggero e sottilmente inquietante come spesso sono i cartoni giapponesi. Si tratta di “Wolf Children” di Mamoru Hosoda, uscito nelle sale italiane per ben un giorno nel novembre dell’anno scorso… strano Paese il nostro.


Due ragazzi si conoscono all’università. Lei (Hana) è timida, sola e sorride spesso; lui è introverso, taciturno e misterioso. Si innamorano. Ma lui nasconde un segreto: è un uomo lupo. Hana non si spaventa, non ha paura, anzi. Si amano ancora di più e nascono due bambini bellissimi, una femmina (Yuki) e un maschio (Ame), come il loro papà per metà lupi. La loro vita è semplice ma felice. Lui mette dei fiorellini in bicchieri di vetro sul davanzale della finestra ogni giorno e ogni giorno si prende cura della sua famiglia, ma una sera non torna a casa. Al mattino, nel fiume freddo viene ritrovato il corpo senza vita di un lupo. Hana, disperata, sola e con il cuore a pezzi, deve continuare a vivere con i due piccoletti che le danno filo d torcere: Yuki è vivacissima e si trasforma troppo spesso in una deliziosa e dispettosa lupetta; Ame invece piange in continuazione e mangia poco.
A un certo punto Hana prende una decisione: la città non fa per loro, è troppo ostile, così vanno a vivere in una casa immersa nel bosco, ai piedi di una montagna bellissima. Qui i due bambini vivono liberi, liberi anche di essere lupi. Ma giorno dopo giorno crescono: Yuki preferisce stare con gli altri bambini e andare a scuola, Ame invece assomiglia sempre più al suo papà e sente forte il richiamo della foresta. La storia poi prosegue, triste e allegra allo stesso tempo.
Alla fine io e i miei figli avevamo le lacrime agli occhi, eravamo emozionati ma non tristi perché il messaggio del film è chiaro, e da accettare. Questo cartone animato parla di tante cose: parla dell’amore carnale tra un uomo e una donna; dell’amore viscerale di una mamma per i suoi bambini; della paura che spesso le mamme hanno di non essere all’altezza e di non farcela, e della loro voglia di provarci lo stesso; parla della difficoltà dei figli quando nell’adolescenza devono imparare a conoscere se stessi e a decidere per il proprio futuro e dello sforzo che i genitori devono fare per lasciarli liberi di vivere la propria vita. Insomma un bel cartone animato. Da vedere. Perfetto per mamme non tigre e per bambini lupo.