In questi giorni il mitico
film western di Sergio Leone “Il buono, il brutto, il cattivo” è tornato nelle
sale cinematografiche in versione restaurata.
I miei figli e il loro papà
non potevano perdere l’occasione. E nemmeno io che questo film non sono mai
riuscita a vederlo per intero alla televisione perché dopo un po’ mi annoiavo,
lo devo confessare.
Stavolta non mi sono
annoiata. Anzi, mi sono divertita e pure molto. Per diversi motivi.
Innanzitutto per i titoli di
testa, super moderni, con le sagome bianche di cavalli che galoppano su uno
sfondo rosso; con le macchie di sangue che coprono le scritte che comunque
riesci a leggere; con il cannone in primo piano che spara e poi compaiono i
nomi.
Poi per i paesaggi lunari e
desertici (il film è stato girato in Andalusia, nel Deserto di Tabernas); per i
primi lunghissimi minuti in cui ti domandi se qualcuno prima o poi parlerà o se
il film è un film muto; per gli sguardi e i primissimi piani dei personaggi che
hanno fatto la storia del cinema; per il Brutto (nel film Tuco, ossia Eli
Wallach, morto il mese scorso a novantotto anni) che è il personaggio più
simpatico e assomiglia all’amico di A e di S; per gli occhi azzurrissimi del Buono
(il Biondo, ossia Clint Eastwood), che hanno fatto innamorare la mia bambina e
non solo lei…; per gli anelli d’argento che indossa il Brutto; per l'aplomb del Cattivo (Sentenza, interpretato da Lee Van Cleef); perché i miei
figli e il loro papà (o, meglio, a causa del loro papà) conoscono le battute del
film a memoria (“vado, l’ammazzo e torno”, “quando si spara, si spara, non si
parla”, “quel capitano sembra proprio che stia cercando la pallottola giusta”, “il
mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava. Tu
scavi”, “Ehi Biondo lo sai di chi sei figlio tu? Sei figlio di una
grandissima pu-ta-a-a-a”,eccetera); per la lunga
scena nel deserto, quando il Buono non ce la fa più sotto il sole cocente e il
Brutto sta a cavallo di un cavallo nero facendosi ombra con un ombrellino rosa,
molto frou frou, molto improbabile e molto felliniano; per il duro monologo del
Brutto che non fa una piega, quando si rivolge a suo fratello frate; per il
Buono e il Brutto quando s’imbattono in un esercito e non capiscono se è di
nordisti o sudisti – per loro cambierebbe poco, basta fare in tempo a mettersi
la giubba giusta… - poi pensano di riconoscere le giacche grigie, ma sono
giacche blu ricoperte di uno spesso strato di polvere e così vengono catturati;
per la corsa psichedelica del Brutto che cerca la tomba giusta – quella con il
“tesoro” - tra centinaia di tombe; ovviamente per la colonna sonora di Ennio
Morricone; per il duello finale, racchiuso in un cerchio che sembra un’opera di
land art; per il pop corn che è andato di traverso a F, e per C che continuava
a domandargli se dovevano andare al pronto soccorso; per S che, per non
perdersi nemmeno una scena, quasi quasi si faceva la pipì addosso.
Ho capito adesso chi intendevi ...meglio tardi che mai
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