Ero uscita di casa un po’ prevenuta, ma poi mi sono
ricreduta. Adesso devo riconoscere che il remake de “Il libro della giungla” di
Jon Favreau (il regista di “Vita di Pi”, per intenderci) non è affatto male. Me
lo sono visto seduta tra i miei figli al cinema qualche settimana fa, mentre C
bighellonava sui boulevards parigini.
Il nuovo “Libro della giungla” si rifà esplicitamente al bel
film d’animazione della Disney della fine degli anni Sessanta, tra i primi che i
miei bambini hanno visto quando erano piccolissimi. Ne segue la trama quasi
pedissequamente (gli episodi sono pressoché identici e le poche piccole
aggiunte te le godi come piacevoli sorprese), vi vengono riproposte le stesse
canzoni (quella d’apertura che è troppo bella, quella incantatrice del serpente
Kaa e quella divertente e scanzonata di Baloo, le ascolti ed è subito dolce
nostalgia d’infanzia, della mia d’infanzia e di quella dei miei figli…) ma non lo
sostituisce e non lo supera. Mi piace pensarlo come un upgrade, come una nuova
versione modernissima e velocissima.
In effetti, questa ultima trasposizione cinematografica del
racconto di Kipling si differenzia dal mitico cartone animato principalmente
perché non è fatta per bambini molto piccoli. Questo film non è grazioso e
nemmeno dolce e poetico. Anzi, in alcune parti è persino cupo. Vi è molta più
azione, il ritmo è più concitato e incalzante (bellissima la corsa iniziale di
Mowgli coi lupi, sui rami degli alberi di una foresta decisamente più selvaggia
e paurosa rispetto a quella del vecchio cartone) e alcuni personaggi incutono
molto più timore (la tigre Shere Khan – Favreau con le tigri ci sa fare, nulla
da dire - ha fatto paura anche a me in un paio di occasioni, e Re Louie, un cercopiteco enorme e mostruoso, è inquietante). E, infatti, durante i centocinque
minuti della proiezione ho visto diversi genitori uscire dalla sala coi bambini piangenti avvinghiati al collo, poveri loro e poveri noi.
Anche Mowgli (ben interpretato dal simpatico muso di Neel
Sethi) si differenzia dall’originale disneyano: è più forte e più sgamato, è
quasi un bulletto, ed è molto divertente quando l’orso Baloo approfitta
furbescamente della sua intelligenza “umana” e lo convince a studiare uno
stratagemma per arrampicarsi su una parete di roccia liscissima e poter così rompere
gli alveari e fare man bassa di miele per il suo letargo (ma poi interviene
prontamente il saggio Bagheera a chiarire a Mowgli che gli orsi della giungla
in letargo non ci vanno, al che Baloo risponde che è vero, che lui non va in
letargo, ma che insomma fa tanti pisolini…)
Anche il finale cambia e il piccolo Mowgli prende la
decisione che tutti da bambini avremmo voluto che prendesse. Indovinate quale?
Insomma, il nuovo “Libro della giungla” è un film d’azione piacevole,
magico (in questo molto simile a “Vita di Pi”) e per diversi aspetti anche politico
(la vita dei lupi organizzata in branco, il violento e usurpatore Sher Khan, l’uomo
che col fuoco distrugge la natura, Baloo e Bagheera ipotetici genitori di una
famiglia al passo coi tempi, la legge della giungla, la vita leggera di Baloo in
contrasto con la vita pesante di Bagheera eccetera eccetera) che non mi ha
annoiato.
L’unica nota dolente è che adesso S e F vorrebbero rivedere
il cartone animato che però è in cassetta e il lettore dvd l’abbiamo messo via
quando abbiamo imbiancato casa e C non ha nessuna voglia di andarlo a
recuperare, mannaggia.
Ah, dimenticavo, la voce italiana della pantera Bagheera è
quella di Tony Servillo, e non serve che aggiunga altro.
Voto: 7/8