mercoledì 20 aprile 2016

Alaska

“Alaska” di Claudio Cupellini con Elio Germano e Astrid Berges-Frisbey è un film coraggioso, caotico, interessante nella sua stranezza, ma anche pericoloso o, meglio, pericolante. Racconta, infatti, una storia d’amore estrema, a tratti assurda, molto romantica che in più momenti rischia di precipitare nel melodramma, nel grottesco, nell’incredibile, ma che alla fine tiene, ti commuove e ti convince. “Alaska” mi ha fatto pensare a quei funamboli che camminano su una corda tesa, sospesi a duecento metri di altezza mentre intorno soffia il vento: traballano, non cadono, mantengono l’equilibrio e alla fine il pubblico applaude.


Fausto fa il cameriere in un grande albergo di Parigi, Nadine vorrebbe fare la modella. Sono due ragazzi soli, senza soldi, senza passato. Sono entrambi al limite. Si incontrano sul terrazzo dell’albergo mentre fumano una sigaretta e lui, per fare colpo, la porta a vedere la suite più costosa e lussuosa dell’hotel. Peccato però che sul più bello, mentre lei sta facendo un bagno in piscina dopo aver assaggiato per la prima volta dello champagne, arrivi l’ospite dell’appartamento che s’incazza come un matto e che non ha nessuna comprensione e compassione per i due ragazzi che tutto sommato non stavano facendo nulla di male. Fausto cerca di spiegarsi e di sdrammatizzare, lo supplica di non metterlo nei guai con la direzione, ma niente da fare, perde la pazienza, non accetta che il tipo non capisca e lo prende a botte. Per questo si becca due anni di carcere. Per non impazzire inizia a scrivere a Nadine lettere piene d’amore. Ma lei non risponde, è concentrata sulla sua carriera di modella a Milano.
Poi lui esce dal carcere, e lei inaspettatamente è lì che lo aspetta. Vanno a vivere insieme e si amano. Lui però non trova lavoro, o meglio non trova il lavoro che vorrebbe e si sente sfigato. Per iniziare una nuova attività con un tizio che ha conosciuto a una festa e aprire insieme un locale alla moda prende di nascosto i trentamila euro che Nadine tiene nascosti in casa. Lei si arrabbia. Perde fiducia. Ha un incidente terribile in macchina e rimane bloccata in ospedale con una gamba maciullata. La sua carriera di modella è finita. Fausto e Nadine si lasciano. Lui inaugura la nuova discoteca (…“Alaska” appunto) e ha successo. Lei fa la barista in un locale. Fausto ci sa fare e presto restituisce il denaro a Nadine, ma i due non riescono a rimettersi insieme. Non si capiscono più. Litigano. Lui si fidanza con una milanese ricca, viziata, secca. La vita pare girargli bene, per lo meno sul piano economico. Decide di sposarsi. Ma Nadine torna a farsi viva, ruba i soldi al suo capo cocainomane che però se ne accorge, la va a cercare a casa, la picchia e allora lei per difendersi bla bla bla

“Alaska” mi è piaciuto molto, più di quanto mi sarei aspettata (la scena iniziale del casting con le gambe delle modelle che sfilano in primo piano colpisce, anche se il momento più esaltante del film è quando all’Alaska arriva Ciro di "Gomorra" che fa Ciro di “Gomorra”, fantastico!!!).
Elio Germano - che recita buona parte del film in un francese sorprendente - è bravissimo. Astrid Berges-Frisbey è molto bella e molto brava.
Forse il tasto dolente di “Alaska” potrebbero essere i dialoghi che a volte mi sono sembrati più da lingua scritta che da lingua parlata (chi avrebbe il coraggio di dire ad alta voce “…ho paura del vento di notte”?). Soprattutto troppo “letteraria” mi è parsa la lunga scena in cui un’amica suona al campanello del socio di Fausto per portargli una torta ai mirtilli e lui va ad aprire interrompendo il tentativo di ammazzarsi; si scambiano due parole, poi lui torna in casa e, mentre si mangia la torta con le mani, riprende da dove si era interrotto…
Mentre giusto e credibile ho trovato il finale che ovviamente non racconto.
Voto: 9-


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