sabato 30 aprile 2016

Il libro della giungla

Ero uscita di casa un po’ prevenuta, ma poi mi sono ricreduta. Adesso devo riconoscere che il remake de “Il libro della giungla” di Jon Favreau (il regista di “Vita di Pi”, per intenderci) non è affatto male. Me lo sono visto seduta tra i miei figli al cinema qualche settimana fa, mentre C bighellonava sui boulevards parigini. 


Il nuovo “Libro della giungla” si rifà esplicitamente al bel film d’animazione della Disney della fine degli anni Sessanta, tra i primi che i miei bambini hanno visto quando erano piccolissimi. Ne segue la trama quasi pedissequamente (gli episodi sono pressoché identici e le poche piccole aggiunte te le godi come piacevoli sorprese), vi vengono riproposte le stesse canzoni (quella d’apertura che è troppo bella, quella incantatrice del serpente Kaa e quella divertente e scanzonata di Baloo, le ascolti ed è subito dolce nostalgia d’infanzia, della mia d’infanzia e di quella dei miei figli…) ma non lo sostituisce e non lo supera. Mi piace pensarlo come un upgrade, come una nuova versione modernissima e velocissima.
In effetti, questa ultima trasposizione cinematografica del racconto di Kipling si differenzia dal mitico cartone animato principalmente perché non è fatta per bambini molto piccoli. Questo film non è grazioso e nemmeno dolce e poetico. Anzi, in alcune parti è persino cupo. Vi è molta più azione, il ritmo è più concitato e incalzante (bellissima la corsa iniziale di Mowgli coi lupi, sui rami degli alberi di una foresta decisamente più selvaggia e paurosa rispetto a quella del vecchio cartone) e alcuni personaggi incutono molto più timore (la tigre Shere Khan – Favreau con le tigri ci sa fare, nulla da dire - ha fatto paura anche a me in un paio di occasioni, e Re Louie, un cercopiteco enorme e mostruoso, è inquietante). E, infatti, durante i centocinque minuti della proiezione ho visto diversi genitori uscire dalla sala coi bambini piangenti avvinghiati al collo, poveri loro e poveri noi.
Anche Mowgli (ben interpretato dal simpatico muso di Neel Sethi) si differenzia dall’originale disneyano: è più forte e più sgamato, è quasi un bulletto, ed è molto divertente quando l’orso Baloo approfitta furbescamente della sua intelligenza “umana” e lo convince a studiare uno stratagemma per arrampicarsi su una parete di roccia liscissima e poter così rompere gli alveari e fare man bassa di miele per il suo letargo (ma poi interviene prontamente il saggio Bagheera a chiarire a Mowgli che gli orsi della giungla in letargo non ci vanno, al che Baloo risponde che è vero, che lui non va in letargo, ma che insomma fa tanti pisolini…)
Anche il finale cambia e il piccolo Mowgli prende la decisione che tutti da bambini avremmo voluto che prendesse. Indovinate quale?

Insomma, il nuovo “Libro della giungla” è un film d’azione piacevole, magico (in questo molto simile a “Vita di Pi”) e per diversi aspetti anche politico (la vita dei lupi organizzata in branco, il violento e usurpatore Sher Khan, l’uomo che col fuoco distrugge la natura, Baloo e Bagheera ipotetici genitori di una famiglia al passo coi tempi, la legge della giungla, la vita leggera di Baloo in contrasto con la vita pesante di Bagheera eccetera eccetera) che non mi ha annoiato.
L’unica nota dolente è che adesso S e F vorrebbero rivedere il cartone animato che però è in cassetta e il lettore dvd l’abbiamo messo via quando abbiamo imbiancato casa e C non ha nessuna voglia di andarlo a recuperare, mannaggia.
Ah, dimenticavo, la voce italiana della pantera Bagheera è quella di Tony Servillo, e non serve che aggiunga altro.
Voto: 7/8





  

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