“Dove il vento grida più forte – La mia seconda vita con il
popolo dei ghiacci” di Robert Peroni è un libro che fa bene. Sento che averlo
letto mi ha fatto bene. Per diversi motivi: ho scoperto, ad esempio, che tra gli eschimesi
il senso e la preoccupazione per il futuro non esistono, che la parola “futuro”
e il concetto di “futuro” non esistono. Tra questa gente non esiste l’idea, del
tutto naturale per noi, di fare progetti, di programmare gli spostamenti, le
decisioni, le scelte. In Groenlandia la vita viene vissuta giorno per giorno,
in un eterno presente, e ciò mi affascina terribilmente. Si caccia per procurarsi
solo l’indispensabile, ciò che basta per un giorno, non si fanno provviste, non
si mette da parte, e pensare che questo popolo vive in una terra talmente
inospitale… Mentre leggevo mi domandavo il perché di questo comportamento. La
risposta, nella sua apparente banalità, è strabiliante e illuminante: perché
domani si vedrà.
Questo libro mi ha fatto bene perché mi ha dato modo di
riflettere sull’importanza di sapersi aprire all’ignoto, di essere disponibili
al rischio. Ogni giorno, senza paura di aver paura.
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