Sono una drogata di “Grey’s Anatomy”, non ne posso fare a
meno. La ragione della mia dipendenza? Una: questa serie televisiva riesce a
mettere alle strette il mio equilibrio emozionale, e la sensazione che provo mi
piace.
In genere succede così: figli e marito se ne vanno a letto;
rimango sola, mi butto sul divano, accendo la tele e il momento di godimento
inizia. Per poco più di un’ora mi dimentico di tutto e regredisco. Mi perdo
nelle storie di dottori e dottoresse tutti belli, tutti bravi, tutti tormentati;
ascolto la voce narrante di Meredith Grey, che è smorfiosa ma mi diverte. E a
ogni puntata mi sorprendo sempre per lo stesso motivo che mi farebbe venir voglia
di applaudire ma non lo faccio perché è tardi, i bambini dormono e mi sembrerei
una squilibrata: ma lo sapete che i protagonisti maschili, oltre a essere
fighissimi – il mio preferito è il dottor Hunt, quello coi capelli rossi per
intenderci - parlano poco, agiscono molto e danno alle loro donne le risposte
che desiderano senza aspettare domande!?
Mio
marito, che per inciso non riesce a reggere nemmeno dieci minuti di questo
telefilm, sostiene che uomini così nella vita non esistono, e io non so se
credergli o meno. Magari è invidioso. È vero che di maschi così io non ne ho
conosciuti, ma forse sono una tipa sfortunata. Persino la tremenda dottoressa Yang che è insopportabile,
arrogante, presuntuosa e un po’ mi sembra me, trova sempre uomini che la
capiscono, la adorano e la amano per come è.
Insomma la verità è che a ogni episodio della serie – è
appena finita la nona, non so ancora quando inizierà la decima e rischio l’astinenza
- trovo un buon motivo per crollare, emozionarmi e versare fiumi di lacrime. Mi
basta poco, direte. Sicuramente sì. In ogni caso massimo rispetto agli autori,
o più probabilmente alle autrici… adesso vado a controllare.
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