A Pasqua ad Atene c’era l’usanza di regalare ai bambini
pulcini vivi, spesso colorati d’azzurro o di rosa.
Un anno mio padre tornò a casa con due pulcini, uno
per me e uno per mia sorella. Li ricordo gialli, non colorati, ma magari mi
sbaglio. Non penso li avesse comprati per noi, probabilmente un collega del posto
glieli aveva regalati in occasione della Pasqua. Noi eravamo felicissime,
ovviamente. Quale bambino non sarebbe felicissimo con un pulcino giallo,
morbido, tenero e soprattutto vivo tra le mani?!
Li mettemmo in uno scatolone di cartone nel
locale che usavamo come lavanderia, una stanza sopra il nostro appartamento da
cui si poteva accedere al terrazzo con vista sul Pentagono.
Dopo qualche giorno i pulcini iniziarono a puzzare e a non mangiare niente. Io e
mia sorella portavamo su il cibo che ci sembrava più adatto, ma loro niente,
non mangiavano niente. Ci misero poco a morire. Allora mio padre prese i
pulcini morti e li scaraventò giù dal terrazzo, così senza battere ciglio.
Doveva aver pensato che buttarli nello scarico del gabinetto fosse poco
opportuno, temeva forse un ingorgo. Ricordo che in quella occasione i miei
genitori litigarono. Mia madre disse che i cadaveri dei pulcini non potevano
stare giù nel giardino condominiale a marcire e allora mio padre scese e li
recuperò. Chissà che fine fecero i nostri pulcini morti... Forse mia madre
li prese e li gettò in spazzatura. Ricordo che non piansi.
Credo anche io di non aver pianto e ricordo che i pulcini venivano regalati chiusi dentro uova di plastica trasparenti con i buchi per farli respirare...se ci fosse stata la Brambilla faceva una marcia su Atene!
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