domenica 24 gennaio 2016

Traguardo

Quando ero giovane facevo parte di una squadra di atletica leggera. Le mie specialità erano la corsa veloce e il salto in lungo. Ma l’allenatore spesso mi iscriveva a tutte le altre gare, così la squadra avrebbe preso più punti. Ricordo di aver gareggiato nel lancio del peso e del giavellotto, e in una sconfortante corsa a ostacoli. Ma ciò che più ho impresso nella memoria è una gara sui mille metri che mi fecero correre all’Arena di Milano, durante i Giochi delle Gioventù.
Avevo fatto le “mie” gare ottenendo i soliti risultati mediocri, e non ce la facevo più, ero stremata, correvo e sentivo il cuore saltarmi fuori dal petto, la bocca amara. Avrei voluto fermarmi, la fatica era enorme e io ero allenata per lo sprint, non per la resistenza, accidenti. Decisi di rallentare il mio già lentissimo ritmo di corsa. Poi, quasi ferma, alzai gli occhi dalla pista e vidi mio padre. Era in piedi sugli spalti che batteva forte le mani e urlava: “Vai Isabella, vai Isabella, vaiiiiii!!!!”.
Resistetti e raggiunsi sconvolta il traguardo. Arrivai non ultima, ultimissima. Tra me e la penultima ragazza ci saranno stati almeno cinquanta metri di distacco.
Dopo qualche mese abbandonai l’atletica perché mi impegnava tanto e io volevo pensare solo allo studio. Quella corsa, però, non l’ho dimenticata. Mi aveva fatto bene.


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