venerdì 21 marzo 2014

Frida/Diego

Questo post è scritto un po’ di corsa… l'aereo per Roma sta per decollare...

Potrei chiamarle “coincidenze concatenate”.
Il giorno di Carnevale si è materializzata davanti ai miei occhi, mano nella mano della bambina che non ha mai avuto. La peluria sul labbro superiore e le sopracciglia folte, le collane grosse intorno al collo.
Poi l’ho guardata curiosa per un paio d’ore nascosta sotto le sembianze di Salma Hayek, nel film a lei dedicato.
Infine ho scoperto che a Roma (alle Scuderie del Quirinale, fino al 31 agosto) sono esposte le sue opere più famose (130 tra quadri, disegni e foto), e che poi da settembre anche a Genova ci sarà una mostra su di lei.
Parlo di Frida Kahlo, la pittrice messicana.
Prima conseguenza di queste “coincidenze concatenate”? Da qualche giorno pettino la mia bambina con le trecce e i fiori bianchi tra i capelli. Seconda conseguenza? Mi è venuta voglia di ripassare la storia di Frida e del suo grande e tormentato amore per Diego Rivera, il celebre muralista.


Frida nasce nel 1907 a Città del Messico. Suo padre è un immigrato tedesco ebreo e ateo, appassionato di fotografia, sua madre è una messicana cattolicissima.
Frida studia medicina. Poi a diciassette anni ha un incidente spaventoso, si rompe la spina dorsale in diversi punti, è costretta a letto per un periodo lunghissimo, immobile, con un corsetto di gesso ed enormi sofferenze. Inizia a dipingere: prima sul corsetto, poi quando i suoi genitori le mettono uno specchio sul soffitto sopra il letto, su una tela a portata di braccio. Così Frida dipinge il soggetto che “frequenta” di più, il soggetto a lei più familiare: se stessa.


Dopo diversi mesi, Frida si alza e decide di portare i suoi lavori a Diego Rivera, già molto famoso. Lui ne riconosce immediatamente il talento. Ma di lei lo affascinano anche il coraggio, l’intelligenza, la caparbietà, la sicurezza in se stessa. Iniziano a frequentarsi e s’innamorano. Scelgono un rapporto “leggero”: Frida e Diego sono compagni, colleghi, amici. Poi si parlano chiaro, o meglio Diego parla chiaro: “Frida non chiedermi fedeltà perché non te la darò, ciò che ti offro è la lealtà”. Infatti, Diego, brutto e panzone, non si sa come, è un dongiovanni pazzesco, con un matrimonio fallito alle spalle e molti amori.
Frida continua a dipingere e Diego continua ad ammirarla. Le confessa di non essere capace di dipingere come lei: lui si “limita” a dipingere la realtà, ciò che vede, Frida invece dipinge ciò che “sente”. I due decidono di sposarsi. Lealtà, non fedeltà. Diego continua ad avere diversi amori, Frida pure.


Negli anni trenta partono per gli Stati Uniti, perché Diego ha un’importante commissione. Ma va in crisi, perché sente che la sua arte non è del tutto compresa.


Lei ha un aborto spaventoso. Il primo di tanti.


Tornano in Messico. Lui ha una relazione con la sorella debole di Frida; Frida lo scopre e si arrabbia sul serio. Diego ha tradito il loro patto. Non è stato leale. Frida non ci sta. Lo molla e si taglia i bei capelli neri.


Ma Frida continua a vivere con passione. E con sofferenza. 


Ha diversi amori, uomini e donne, e dipinge con successo crescente. Il suo talento viene riconosciuto in Europa e negli Stati Uniti. Le sue opere si iniziano a vendere. Frida riceve riconoscimenti ufficiali e le esposizione si infittiscono. Nel 1940 si risposa con Diego. La sua salute peggiora. Le operazioni che subisce non si contano più. Inizia a tenere un diario, vi annota il suo stato di salute, ci disegna sopra, si segna dei ricordi, tutto con molta ironia. Nel 1953 viene organizzata la sua prima esposizione messicana. Frida non cammina più, ma Diego vuole farla partecipare comunque: la pittrice arriva trasportata su un letto a baldacchino che viene piazzato in mezzo alla galleria per consentirle di salutare i suoi ammiratori e godersi il meritato successo. Nel 1954 Frida muore in maniera poco chiara. Alcuni ipotizzano che si sia suicidata.

Frida ci ha lasciato opere straordinarie e originali, in cui la sua inconfondibile cifra stilistica si fonde con la sua straziante vicenda biografica, con il folklore indigeno messicano e con il pensiero e la storia contemporanea.
Ma mi piace pensare che la pittrice messicana abbia lasciato a noi donne anche un grande e illuminante esempio di femminilità: Frida ha saputo trasformare in segni distintivi della sua fortissima personalità quelle che noi donne comuni siamo state abituate a considerare imperfezioni (il monociglio, i baffetti neri, per intenderci). 





Frida era bella. Frida era sicura di sé. Aveva uno stile suo, originale ed elegante. Non a caso Vogue le dedicò una splendida e mitica copertina.


ps l’altro giorno una signora mi ha detto che dovrei farmi la ceretta alle sopracciglia, le ho risposto “neanche se mi paghi”.

2 commenti:

  1. Brava! Hai scritto un bellissimo pezzo e mi hai fatto conoscere un'artista straordinaria. Sicuramente andrò alla sua mostra a Genova. Complimenti sei riuscita a coinvolgermi

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  2. Comunque il monociglio è spettacolare. Lei personaggione ma le opere non mi piacciono, i gusti sono gusti.

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