Questo post
è scritto un po’ di corsa… l'aereo per Roma sta per decollare...
Potrei
chiamarle “coincidenze concatenate”.
Il giorno
di Carnevale si è materializzata davanti ai miei occhi, mano nella mano della
bambina che non ha mai avuto. La peluria sul labbro superiore e le sopracciglia
folte, le collane grosse intorno al collo.
Poi l’ho
guardata curiosa per un paio d’ore nascosta sotto le sembianze di Salma Hayek, nel film
a lei dedicato.
Infine ho
scoperto che a Roma (alle Scuderie del Quirinale, fino al 31 agosto) sono esposte
le sue opere più famose (130 tra quadri, disegni e foto), e che poi da
settembre anche a Genova ci sarà una mostra su di lei.
Parlo di
Frida Kahlo, la pittrice messicana.
Prima
conseguenza di queste “coincidenze concatenate”? Da qualche giorno pettino la
mia bambina con le trecce e i fiori bianchi tra i capelli. Seconda conseguenza?
Mi è venuta voglia di ripassare la storia di Frida e del suo grande e
tormentato amore per Diego Rivera, il celebre muralista.
Frida
nasce nel 1907 a Città del Messico. Suo padre è un immigrato tedesco ebreo e ateo, appassionato di fotografia, sua madre è una messicana cattolicissima.
Frida
studia medicina. Poi a diciassette anni ha un incidente spaventoso, si rompe la
spina dorsale in diversi punti, è costretta a letto per un periodo lunghissimo,
immobile, con un corsetto di gesso ed enormi sofferenze. Inizia a dipingere:
prima sul corsetto, poi quando i suoi genitori le mettono uno specchio sul
soffitto sopra il letto, su una tela a portata di braccio. Così Frida dipinge il soggetto
che “frequenta” di più, il soggetto a lei più familiare: se stessa.
Dopo
diversi mesi, Frida si alza e decide di portare i suoi lavori a Diego Rivera,
già molto famoso. Lui ne riconosce immediatamente il talento. Ma di lei lo affascinano anche il coraggio, l’intelligenza, la caparbietà, la sicurezza in se stessa. Iniziano
a frequentarsi e s’innamorano. Scelgono un rapporto “leggero”: Frida e Diego
sono compagni, colleghi, amici. Poi si parlano chiaro, o meglio Diego parla
chiaro: “Frida non chiedermi fedeltà perché non te la darò, ciò che ti offro è
la lealtà”. Infatti, Diego, brutto e panzone, non si sa come, è un dongiovanni
pazzesco, con un matrimonio fallito alle spalle e molti amori.
Frida
continua a dipingere e Diego continua ad ammirarla. Le confessa di non essere
capace di dipingere come lei: lui si “limita” a dipingere la realtà, ciò che
vede, Frida invece dipinge ciò che “sente”. I due decidono di sposarsi. Lealtà,
non fedeltà. Diego continua ad avere diversi amori, Frida pure.
Negli
anni trenta partono per gli Stati Uniti, perché Diego ha un’importante
commissione. Ma va in crisi, perché sente che la sua arte non è del tutto
compresa.
Lei
ha un aborto spaventoso. Il primo di tanti.
Tornano
in Messico. Lui ha una relazione con la sorella debole di Frida; Frida lo
scopre e si arrabbia sul serio. Diego ha tradito il loro patto. Non è stato
leale. Frida non ci sta. Lo molla e si taglia i bei capelli neri.
Ma Frida
continua a vivere con passione. E con sofferenza.
Ha diversi amori, uomini e
donne, e dipinge con successo crescente. Il suo talento viene riconosciuto in
Europa e negli Stati Uniti. Le sue opere si iniziano a vendere. Frida riceve riconoscimenti
ufficiali e le esposizione si infittiscono. Nel 1940 si risposa con Diego. La sua salute peggiora. Le operazioni che subisce non si contano più. Inizia
a tenere un diario, vi annota il suo stato di salute, ci disegna sopra, si
segna dei ricordi, tutto con molta ironia. Nel 1953 viene organizzata la sua
prima esposizione messicana. Frida non cammina più, ma Diego vuole farla partecipare comunque: la pittrice arriva trasportata su un letto a
baldacchino che viene piazzato in mezzo alla galleria per consentirle di
salutare i suoi ammiratori e godersi il meritato successo. Nel 1954 Frida muore
in maniera poco chiara. Alcuni ipotizzano che si sia suicidata.
Frida
ci ha lasciato opere straordinarie e originali, in cui la sua inconfondibile
cifra stilistica si fonde con la sua straziante vicenda biografica, con il folklore
indigeno messicano e con il pensiero e la storia contemporanea.
Ma mi
piace pensare che la pittrice messicana abbia lasciato a noi donne anche un
grande e illuminante esempio di femminilità: Frida ha saputo trasformare in
segni distintivi della sua fortissima personalità quelle che noi donne comuni siamo
state abituate a considerare imperfezioni (il monociglio, i baffetti neri, per
intenderci).
Frida era bella. Frida era sicura di sé. Aveva uno stile suo, originale ed elegante. Non a caso Vogue le
dedicò una splendida e mitica copertina.
ps
l’altro giorno una signora mi ha detto che dovrei farmi la ceretta alle
sopracciglia, le ho risposto “neanche se mi paghi”.
Brava! Hai scritto un bellissimo pezzo e mi hai fatto conoscere un'artista straordinaria. Sicuramente andrò alla sua mostra a Genova. Complimenti sei riuscita a coinvolgermi
RispondiEliminaComunque il monociglio è spettacolare. Lei personaggione ma le opere non mi piacciono, i gusti sono gusti.
RispondiElimina