giovedì 23 gennaio 2014

“Gli sdraiati”

Innanzitutto voglio dire che il titolo del libro di Michele Serra mi piace un casino. “Gli sdraiati”. Trasformare un participio in un sostantivo rende tremendamente chiara l’immagine che si vuole trasmettere: gli “sdraiati” sono persone, giovani, indolenti, stropicciate, lente, annoiate… Invidio le capacità di chi l’ha pensato. Forse l’autore stesso? Mi piacerebbe saperlo. Qualcuno lo sa? Se fosse stato lui inizierebbe a starmi più simpatico.
Poi voglio raccontare questo aneddoto. Io e mio marito abbiamo letto il libro a distanza di pochissimi giorni. Abbiamo letto lo stesso libro in pratica, ma non in teoria. Mi spiego meglio. Il libro l’ha letto prima lui, l’ha terminato e mi ha detto: “Isa, non leggerlo, non fa per te. E poi, ti dico la verità, io non vorrei essere nei panni del figlio “sdraiato” di Michele Serra”.
Ovviamente io l’ho letto comunque, ma non posso negare di averlo fatto con le parole di mio marito in testa. Conclusione? Probabilmente abbiamo letto un libro diverso, perché a me “Gli sdraiati” è piaciuto, e anche molto. Mi ha fatto pensare, mi ha fatto sorridere, ha messo in discussione alcune mie granitiche certezze, ho condiviso alcune opinioni, ho fatto mente locale su cosa potrebbe capitare a me e ai miei figli tra qualche anno non troppo lontano. E poi il finale. Il finale è bellissimo, e si svolge pure in montagna. Che dire? che mio marito non stava bene? che forse ha fatto finta di leggere? oppure che, nonostante i venti meno due anni di convivenza, rimango per lui una misteriosa e spero affascinante sconosciuta? Non saprei. Non abbiamo avuto tempo di riparlarne.


 
PS comunque, se fossi io il figlio di Serra, non ci starei poi così male…

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