venerdì 28 febbraio 2014
giovedì 27 febbraio 2014
27 febbraio
27 febbraio
"Solo ventidue giorni ci dividono dalla primavera. Giuro che il 21 marzo mi toglierò i pantaloni invernali e, quale che sia il tempo, ci fosse anche una tempesta di neve, me ne andrò a spasso per il Jackson Park senza cappello e senza guanti." (S. Bellow, "L'uomo in bilico")
"Solo ventidue giorni ci dividono dalla primavera. Giuro che il 21 marzo mi toglierò i pantaloni invernali e, quale che sia il tempo, ci fosse anche una tempesta di neve, me ne andrò a spasso per il Jackson Park senza cappello e senza guanti." (S. Bellow, "L'uomo in bilico")
mercoledì 26 febbraio 2014
Voci della verità ter
“Mamma il libro che sto leggendo mi ha fatto capire che non
ti devi vergognare di essere nuda.”
“In che senso, piccola mia? Spiegati meglio.”
“Non ti devi vergognare perché davvero nuda non lo sei mai.
Nessuno, infatti, ti può spogliare del tuo coraggio, della tua gentilezza,
della tua intelligenza…”
La mamma non riesce a chiudere la bocca dallo stupore.
Ode ai libri.
La verità è fuoco e parlare di verità significa illuminare e bruciare
martedì 25 febbraio 2014
lunedì 24 febbraio 2014
Il bello della vita secondo me (1)
Una pila di libri sul comodino.
Nuovi, presi in prestito in biblioteca o da un’amica.
Poco importa.
Sono lì, pronti da leggere.
Uno dopo l’altro.
Con calma.
Con attenzione.
Per riempire testa e cuore.
Il bello della vita secondo me.
giovedì 20 febbraio 2014
Profondo Nord
Non
che li abbia letti tutti, ovviamente, ma mi sono fatta delle buone dosi di Jo
Nesbø, che è capace di tenermi inchiodata ai suoi romanzi per intere giornate; di
Henning Mankell, forse il più complesso tra gli autori scandinavi; di Anne
Holt, che è la mia preferita; di Camilla Läckberg, che sto leggendo adesso (“L’uccello
del malaugurio”); di Stieg Larsson, la cui trilogia ho letto in tre settimane,
d’estate, sotto l’ombrellone, quando ancora eravamo in pochi… e, infine, di Asa
Larsson.
Ecco i
miei otto buoni motivi per leggerli:
1. si leggono facilmente, e questo non è un difetto, anzi. La
scrittura è semplice, la prosa è asciutta, gli aggettivi sono usati con il
contagocce.
2. Si
leggono velocemente. Le trame sono ben congegnate e i colpi di scena arrivano
al momento giusto. Non riesci a smettere di leggere, stai sveglia la notte, e non
spegneresti mai la luce sul comodino. Poi ti accorgi che sono le 03.00, a
malincuore ti arrendi e chiudi gli occhi. E quando ne hai finito uno, stai male
e vorresti correre subito in libreria per prenderne un altro.
3. I
personaggi sono persone comuni che vivono una vita comune, molto normale, a
volte banale, spesso claustrofobica. Raramente vengono descritti, ma impari
comunque a conoscerli e a riconoscerli attraverso le loro azioni e il loro comportamento,
che è quasi sempre molto composto.
Parlano
in modo normale, seguono logiche psicologiche apparentemente semplici. Nei dialoghi
sono assenti le paranoie e i contorcimenti esistenziali che invece
caratterizzano molta letteratura contemporanea, soprattutto italiana.
4. La
natura ha un ruolo importante e il rapporto uomo/natura è sempre presente e
intenso. Neve, ghiaccio, boschi, fiordi, mare, montagne sono gli sfondi
affascinanti e inquietanti di gran parte delle storie raccontate in questi
romanzi.
5. Gli
squarci che si aprono sulla società scandinava sono interessanti e ti mostrano
degli aspetti che forse non si conoscono poi così bene.
6. La parità sessuale è un dato di fatto. Uomini e donne sono uguali, lavorano e
vivono nello stesso identico modo, è scontato. È quando ciò non accade che nasce il “caso”.
7. La
casa è importante. Quasi sempre è molto accogliente, anche se semplice. Le
persone cucinano con cura e la polizia si toglie le scarpe appena varcata la soglia!
8. La
semplicità della stile narrativo scandinavo e l’apparente normalità dei
protagonisti creano una combinazione davvero particolare che è in grado di
trasmetterti un sottile, interessante e costante turbamento. Molto piacevole. A
me dà dipendenza.
Etichette:
"L'uccello del malaugurio" Camilla Läckberg,
Anne Holt,
Asa Larsson,
Camilla Läckberg,
Henning Mankell,
Jo Nesbo,
Stieg Larsson,
Thriller scandinavi,
trilogia Stieg Larsson
mercoledì 19 febbraio 2014
Aria sottile
Le
montagne sono altissime. Vette innevate e magnifiche. Il Cervino è nascosto da
una nuvola, poi compare, ed è una visione.
Sotto
gli sci la neve è perfetta.
L’aria
è pulita.
Il
fiato è corto, ma lei si sente bene.
Guarda
in alto. Il cielo è azzurrissimo, il sole risplende, le nuvole sono zucchero
filato. Guarda in alto. Un’aquila che vola sulla sua testa. Questo il suo
pensiero, questo il suo desiderio. “Ma le aquile vanno in letargo?”, si
domanda. L’aria è rarefatta. La lucidità per un attimo se ne va. Poi ritorna.
Lo sa bene che non salirà mai sull’Everest.
martedì 18 febbraio 2014
Mentre aspetto Sanremo...
Io sono
uno
che
parla troppo poco, questo è vero
ma
nel mondo c’è già tanta gente
che
parla, parla, parla sempre
che
pretende di farsi sentire
e non
ha niente da dire.
Io
sono uno
che
sorride di rado, questo è vero
ma in
giro ce ne sono già tanti
che
ridono e sorridono sempre
però
poi non ti dicono mai
cosa
pensano dentro.
Io
sono uno
che
non dice chi è la sua donna, questo è vero
perché
non ammiro la gente
che
prima implora un po’ d’amore
e poi
non appena l’ha avuto
lo va
a raccontare.
Io
sono uno
che
non nasconde le sue idee, questo è vero
perché
non mi piacciono quelli
che
vogliono andar d’accordo con tutti
e che
cambiano ogni volta bandiera
per
tirare a campare.
lunedì 17 febbraio 2014
Un padre modello
Il
papà mette a letto il primogenito e gli dà un bacio in fronte.
“Buonanotte,
piccolo mio.”
“Buonanotte,
papà. Mi dici cosa devo sognare?”
“Fammi
pensare… Sogna che il papà guadagna un sacco di soldi e ci compriamo una barca
a vela bellissima, ci imbarchiamo tutti e quattro e facciamo il giro del mondo.
Poi tu diventi uno skipper bravissimo e passi il resto della vita per mare.”
“Che
bello, papà. Va bene, buonanotte.”
“E io
papà, e io cosa devo sognare, papà? io cosa devo sognare? cosa devo sognare,
eh?” chiede insistente la femmina diabolica.
“Tu,
cara, sogna pure di fare il mozzo al servizio dello skipper.”
"Papà, tu non sai avere figli."
venerdì 14 febbraio 2014
Ricomincio da qui?
Me ne
accorgo così
Da un
sospiro a colazione
Non
mi piace sia tu
Il
centro di me
Niente
mi porterò
Solo
vento tra le mani
Più
leggera sarò
Sospesa
Sorriderò
prima di andare
Basterà
un soffio e sparirò
Forse
sarà pericoloso
Forse
sarà la libertà
Mi
guarderai e vedrai una
Eppure
non sarò sola
Una
novità sarà
E mi
porterà
A non
fermarmi mai
Non
voltarmi mai
Non
pentirmi mai
Solo
il cielo avrò sopra di me
Solo
il cielo avrò sopra di me
Ricomincio
da qui
Da
un’effimera illusione
Mi
risveglio e ci sei
Ancora
tu
Qui
giovedì 13 febbraio 2014
Zelda/Francis
Questa è la storia di una coppia bella e dannata.
Da poco è finita la prima guerra mondiale, Zelda Sayre e Francis
Scott Fitzgerald sono giovani, si piacciono e nel 1920 si sposano. Lui scrive
da dio e sta diventando famoso. Lei è molto bella e molto ambiziosa.
Zelda e Francis sono una coppia alla moda. Insieme non
sbagliano un colpo, sempre al posto giusto nel momento giusto. Diventano presto
icone di uno stile di vita trasgressivo, fuori dagli schemi che la banalità del
vivere “normale” vorrebbe imporre soprattutto ai giovani, uno stile di vita che
scandalizza gli anziani. Siamo nel pieno dell’esaltante Età del jazz. La guerra
è finita, basta pensieri, i giovani vogliono vivere, con frenesia, spingendosi al
limite, il piede perennemente schiacciato sull’acceleratore.
Zelda e Francis non rispettano regole né convenzioni. Non
hanno paura di esporsi, anzi. La loro vita, bella o brutta che sia, la mettono
in vetrina, non si contengono, cercano l’eccesso. Per questo i conservatori e i
benpensanti li considerano dei superficiali. Ma la loro è una superficialità
apparente. Perché dietro alla smania di vivere si cela in realtà il disagio di
vivere. Si cela una solitudine esistenziale profonda. Zelda e Francis sono
soli, perché soli si è.
Vivere
con Zelda non è facile. Zelda è una ragazza impegnativa: è emancipata, non
vuole responsabilità, vuole divertirsi e pensare a se stessa. È
anticonformista, sofisticata, sensuale, assolutamente non romantica,
decisamente non materna con la piccola Scottie, nata dopo due anni di
matrimonio. È una
che si annoia facilmente, che mette il broncio. Si mette in testa di voler fare
la ballerina, ma non ha talento. Cerca di dipingere, di scrivere, ma è inquieta
e inizia a cedere. Impegnativo farle da marito. Sicuramente impegnativo. Francis
e Zelda iniziano a bere.
Nonostante
tutto Zelda è il sale nella vita di Francis: Zelda lo ispira, è la “materia” che
lo scrittore plasma e trasforma nelle straordinarie storie che leggiamo nei
suoi romanzi e nei suoi racconti. Ma è sempre la stessa Zelda che lo conduce
alla deriva, facendolo precipitare nell’alcolismo e nella disperazione. Francis
diventa vittima, di se stesso innanzitutto e poi di Zelda.
Viaggiano,
sperperano denaro, danno feste faraoniche, non rinunciano a niente, si
tradiscono, si mollano, si riprendono, bevono un sacco e si rovinano. Zelda si
ammala, dà segni di squilibrio nervoso.
Cercano ostinatamente di rimanere insieme, ma non stanno
bene, si fanno del male. Non vogliono mollare, ma non ce la fanno, lei viene
ricoverata in ospedale e lui si mette con un’altra. Francis si riprende
economicamente ma non riesce a uscire dal tunnel dell’alcol.
La storia finisce tragicamente: nel 1948 Zelda muore a 47
anni, bruciata viva nell’incendio dell’ospedale psichiatrico dove era
ricoverata per schizofrenia. Francis era morto d’infarto otto anni prima a
Hollywood. Non si vedevano da più di un anno.
Sono sepolti insieme, e sulla loro lapide è incisa la frase con
cui si conclude “Il Grande Gatsby”: “Così
arranchiamo avanti, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.”
Su questa coppia così affascinante ho letto tanto, ma forse il testo che meglio mi ha trasmesso la complessità e la difficoltà del loro rapporto è l'ultimo che mi è capitato tra le mani per caso in biblioteca: il graphic novel "SuperZelda - La vita disegnata di Zelda Fitzgerald".
mercoledì 12 febbraio 2014
12 febbraio
"La mattina del 12 febbraio 1946, sulla sedia a sdraio del ponte, una carta geografica sulle ginocchia, dice a sua moglie, guardando la superficie dell'oceano:
"Ho sbagliato tutto".
(G. Pontiggia, "Vite di uomini non illustri")
"Ho sbagliato tutto".
(G. Pontiggia, "Vite di uomini non illustri")
martedì 11 febbraio 2014
(Para)Noia esistenziale
L’altra sera hanno visto “Lost
in Translation”, il film di Sofia Coppola. E adesso, quando lui le telefona –
di rado, per fortuna, molto di rado - lei non riesce a non pensare alla scena in cui
Bob, solo nella vasca da bagno, parla al telefono con la moglie che è lontana.
Lontana in ogni senso.
Vedere “Lost in Translation” non le ha fatto bene. L’ha trovato un film snob, raffinato al limite del patinato, e prevedibile nell’analisi del rapporto di coppia. Anche se - deve ammetterlo - il pensiero che Bob e Charlotte non facciano sesso perché non è di quello che hanno bisogno l’ha intrigata. Così pure la colonna sonora che è una gran bella colonna sonora e Tokyo che è una città glaciale e alienante ma affascinante e conturbante allo stesso tempo.
Probabilmente, anzi sicuramente, lei l’ha guardato da arrabbiata. Si è quindi proposta di rivedere “Lost in Translation” tra una settimana, quando magari si saranno rimessi in sesto, e quando la sua sindrome premestruale sarà svanita.
Vedere “Lost in Translation” non le ha fatto bene. L’ha trovato un film snob, raffinato al limite del patinato, e prevedibile nell’analisi del rapporto di coppia. Anche se - deve ammetterlo - il pensiero che Bob e Charlotte non facciano sesso perché non è di quello che hanno bisogno l’ha intrigata. Così pure la colonna sonora che è una gran bella colonna sonora e Tokyo che è una città glaciale e alienante ma affascinante e conturbante allo stesso tempo.
Probabilmente, anzi sicuramente, lei l’ha guardato da arrabbiata. Si è quindi proposta di rivedere “Lost in Translation” tra una settimana, quando magari si saranno rimessi in sesto, e quando la sua sindrome premestruale sarà svanita.
lunedì 10 febbraio 2014
Futuro luminoso
“Allora, mamma, ho definito
meglio quello che voglio fare da grande: farò l’esploratrice che va in giro per
il mondo a osservare come si comportano gli animali. E per guadagnare scatterò
fotografie, scriverò articoli e girerò documentari. La mia amica G mi farà da
assistente.”
La mamma laureata sottoccupata momentaneamente casalinga disorientata ha un fremito nella pancia e pensa: “ Wow, una zoologa esploratrice fotografa giornalista in famiglia, e pure con assistente. Avanti tutta, benedetta bambina mia, avanti tutta.”
La mamma laureata sottoccupata momentaneamente casalinga disorientata ha un fremito nella pancia e pensa: “ Wow, una zoologa esploratrice fotografa giornalista in famiglia, e pure con assistente. Avanti tutta, benedetta bambina mia, avanti tutta.”
domenica 9 febbraio 2014
9 febbraio
"Era (...) una mattina come tante altre. Il cielo, fuori, si manteneva grigio e uniforme. Ma lui si sentiva bene.
Le prossime ore non gli pesavano né gli facevano paura di nessun genere i giorni successivi. Né il grande futuro. Il telefono taceva. Dorigo era tranquillo, le cose gli andavano. Vestito di un completo grisaille, camicia bianca, cravatta in tinta unita rosso magenta, calze pure rosse, scarpe nere lavorate, quasi che.
Quasi che tutto dovesse continuare come era continuato fino allora, fino a quel giorno di febbraio, che (...) portava il numero 9. Tutto sicuro e propizio per un borghese nel pieno della vita, intelligente, corrotto, ricco e fortunato." (D. Buzzati, "Un amore")
Le prossime ore non gli pesavano né gli facevano paura di nessun genere i giorni successivi. Né il grande futuro. Il telefono taceva. Dorigo era tranquillo, le cose gli andavano. Vestito di un completo grisaille, camicia bianca, cravatta in tinta unita rosso magenta, calze pure rosse, scarpe nere lavorate, quasi che.
Quasi che tutto dovesse continuare come era continuato fino allora, fino a quel giorno di febbraio, che (...) portava il numero 9. Tutto sicuro e propizio per un borghese nel pieno della vita, intelligente, corrotto, ricco e fortunato." (D. Buzzati, "Un amore")
sabato 8 febbraio 2014
venerdì 7 febbraio 2014
Lampo di genio
L’altra sera ho avuto un’illuminazione.
Improvvisamente ho capito qual è il problema che affligge il Paese. “Caspita, che megalomane!” starete pensando. Ma – insisto - credo di averlo capito. È che nel nostro Paese troppe persone, davvero troppe, non riescono a stare a proprio agio nel proprio tempo. Bella vero?
Ok, lo confesso: la troppo intelligente riflessione non è mia, purtroppo. Ma di Umberto Contarello, co-sceneggiatore con Sorrentino de “La Grande Bellezza”, il film candidato all’Oscar con Toni Servillo. E la stessa identica riflessione l’ho ritrovata tra le pagine di un libro che ho appena letto: “Il desiderio di essere come tutti” di Francesco Piccolo.
Mi domando: io sto a mio agio nel mio tempo?
Mi rispondo: direi di sì.
Mi domando: gli scout stanno a proprio agio nel proprio tempo?
Mi rispondo: boh.
mercoledì 5 febbraio 2014
Le case degli altri
Quando entro in una casa e non ci sono libri mi sento a
disagio.
Quando entro in una casa e tra gli scaffali trovo i miei libri preferiti mi sento sollevata.
Quando entro in una casa e sento profumo di cibo buono mi sento bene.
Quando entro in una casa e tra gli scaffali trovo i miei libri preferiti e sento profumo di cibo buono mi sento una snob di merda.
Quando entro in una casa e tra gli scaffali trovo i miei libri preferiti mi sento sollevata.
Quando entro in una casa e sento profumo di cibo buono mi sento bene.
Quando entro in una casa e tra gli scaffali trovo i miei libri preferiti e sento profumo di cibo buono mi sento una snob di merda.
martedì 4 febbraio 2014
Passione che viene, passione che va
Ho
trascorso un periodo della mia vita fagocitando articoli e libri sugli “anni di
piombo” nel tentativo di capire perché tanti ragazzi decisero di passare alla
lotta armata. Poi, per mesi, mi sono immersa nello studio della Beat Generation. Ho letto
saggi, romanzi e poesie immaginando di viaggiare per l’America in compagnia di Fernanda
Pivano ed Ettore Sottsass. Adesso è il momento dell’alpinismo. Compro libri di
montagna, li prendo in prestito in biblioteca, guardo film e documentari, e
sogno di arrivare in cima al Cerro Torre, di guardare giù e di fare una
pernacchia a Cesare Maestri; sogno di “fare neve” con Simone Moro sul Nanga
Parbat d’inverno, di respirare aria sottile avanzando lentamente verso la
piramide sommitale dell’Everest, mano nella mano di Reinhold Messner e con in
cuffia i Massive Attack a palla. Passione che viene, passione che va.
Ma la
verità è dura e diversa. La verità è che sono per la non violenza, anche se
l’idea della rivoluzione mi appassiona e i rivoluzionari mi attraggono
tremendamente; la verità è che parlo un inglese sgangherato che pochi capiscono,
anche se mi piacerebbe leggere le poesie di Allen Ginsberg in lingua originale mentre
viaggio per il mondo; la verità è che soffro di vertigini e che a duemila metri
ho già la tachicardia, anche se amo andare in montagna, e mi basta guardarla
da lontano per emozionarmi così tanto. Passione che viene, passione che va.
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Simone Moro
lunedì 3 febbraio 2014
Genitori e figli
“È
anni dopo, è quando tuo figlio (l’angelo inetto che ti faceva sentire dio
perché lo nutrivi e lo proteggevi: e ti piaceva crederti potente e buono) si
trasforma in un tuo simile, in un uomo, in una donna, insomma in uno come te, è
allora che amarlo richiede le virtù che contano. La pazienza, la forza d’animo,
l’autorevolezza, la severità, la generosità, l’esemplarità… troppe, troppe
virtù per chi nel frattempo cerca di continuare a vivere.” (M. Serra, “Gli
sdraiati”)
domenica 2 febbraio 2014
T’infilo!
Ho appena saputo che Philip Seymour Hoffman è morto.
Lo ricordo esilarante e bravissimo persino in una commediola del cavolo come “… E alla fine arriva Polly”. Mi sono andata a rivedere la scena della partita di basket che è talmente demente da essere geniale.
Davvero un grande. Che peccato.
Lo ricordo esilarante e bravissimo persino in una commediola del cavolo come “… E alla fine arriva Polly”. Mi sono andata a rivedere la scena della partita di basket che è talmente demente da essere geniale.
Davvero un grande. Che peccato.
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