giovedì 13 febbraio 2014

Zelda/Francis

Questa è la storia di una coppia bella e dannata.


Da poco è finita la prima guerra mondiale, Zelda Sayre e Francis Scott Fitzgerald sono giovani, si piacciono e nel 1920 si sposano. Lui scrive da dio e sta diventando famoso. Lei è molto bella e molto ambiziosa.
Zelda e Francis sono una coppia alla moda. Insieme non sbagliano un colpo, sempre al posto giusto nel momento giusto. Diventano presto icone di uno stile di vita trasgressivo, fuori dagli schemi che la banalità del vivere “normale” vorrebbe imporre soprattutto ai giovani, uno stile di vita che scandalizza gli anziani. Siamo nel pieno dell’esaltante Età del jazz. La guerra è finita, basta pensieri, i giovani vogliono vivere, con frenesia, spingendosi al limite, il piede perennemente schiacciato sull’acceleratore.
Zelda e Francis non rispettano regole né convenzioni. Non hanno paura di esporsi, anzi. La loro vita, bella o brutta che sia, la mettono in vetrina, non si contengono, cercano l’eccesso. Per questo i conservatori e i benpensanti li considerano dei superficiali. Ma la loro è una superficialità apparente. Perché dietro alla smania di vivere si cela in realtà il disagio di vivere. Si cela una solitudine esistenziale profonda. Zelda e Francis sono soli, perché soli si è. 


Vivere con Zelda non è facile. Zelda è una ragazza impegnativa: è emancipata, non vuole responsabilità, vuole divertirsi e pensare a se stessa. È anticonformista, sofisticata, sensuale, assolutamente non romantica, decisamente non materna con la piccola Scottie, nata dopo due anni di matrimonio. È una che si annoia facilmente, che mette il broncio. Si mette in testa di voler fare la ballerina, ma non ha talento. Cerca di dipingere, di scrivere, ma è inquieta e inizia a cedere. Impegnativo farle da marito. Sicuramente impegnativo. Francis e Zelda iniziano a bere.
Nonostante tutto Zelda è il sale nella vita di Francis: Zelda lo ispira, è la “materia” che lo scrittore plasma e trasforma nelle straordinarie storie che leggiamo nei suoi romanzi e nei suoi racconti. Ma è sempre la stessa Zelda che lo conduce alla deriva, facendolo precipitare nell’alcolismo e nella disperazione. Francis diventa vittima, di se stesso innanzitutto e poi di Zelda.
Viaggiano, sperperano denaro, danno feste faraoniche, non rinunciano a niente, si tradiscono, si mollano, si riprendono, bevono un sacco e si rovinano. Zelda si ammala, dà segni di squilibrio nervoso.
Cercano ostinatamente di rimanere insieme, ma non stanno bene, si fanno del male. Non vogliono mollare, ma non ce la fanno, lei viene ricoverata in ospedale e lui si mette con un’altra. Francis si riprende economicamente ma non riesce a uscire dal tunnel dell’alcol.

La storia finisce tragicamente: nel 1948 Zelda muore a 47 anni, bruciata viva nell’incendio dell’ospedale psichiatrico dove era ricoverata per schizofrenia. Francis era morto d’infarto otto anni prima a Hollywood. Non si vedevano da più di un anno.
Sono sepolti insieme, e sulla loro lapide è incisa la frase con cui si conclude “Il Grande Gatsby”: “Così arranchiamo avanti, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.
Su questa coppia così affascinante ho letto tanto, ma forse il testo che meglio mi ha trasmesso la complessità e la difficoltà del loro rapporto è l'ultimo che mi è capitato tra le mani per caso in biblioteca: il graphic novel "SuperZelda - La vita disegnata di Zelda Fitzgerald".





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